
L’agricoltura biodinamica non è stregoneria: differenze con il biologico, tecniche ed esempi virtuosi
Negli ultimi anni, soprattutto in Italia, è stata portata avanti una narrazione abbastanza distorta intorno al concetto di agricoltura biodinamica, una pratica che unisce tradizione, sostenibilità e innovazione. Etichettata sbrigativamente come “stregoneria” o “esoterismo”, questa metodologia di coltivazione, al contrario, affonda le sue radici in principi scientifici e filosofici ben definiti con risultati concreti, visibili nella qualità del suolo, dei prodotti agricoli e nella sostenibilità complessiva delle aziende che la praticano.
Per provare a fare un po’ di chiarezza sull’agricoltura biodinamica siamo stati in quello che può essere considerato il quartier generale del Sud Italia di tale metodologia di coltivazione, la cooperativa Amico Bio di Capua, esempio virtuoso e tutto italiano che un altro modo di fare agricoltura è possibile, anche in un territorio difficile come può essere quello del casertano.
Le origini dell’agricoltura biodinamica
L’agricoltura biodinamica nasce nei primi anni del Novecento grazie al pensiero del filosofo austriaco Rudolf Steiner. Nel 1924, Steiner tenne una serie di otto conferenze, note come il “Corso di Koberwitz”, durante le quali rispose alle preoccupazioni di agricoltori e scienziati sull’impoverimento che stavano subendo
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