Il wrestling di Draghi e Conte
Casus belli è una locuzione latina con cui di solito si indica la motivazione ufficiale che fa scoppiare una guerra. Il ratto di Elena venne ritenuta alla base della guerra di Troia, l’assedio di Sagunto della seconda guerra punica, l’incidente del golfo del Tonchino della sanguinosa guerra in Vietnam. I colpi che uccisero l’arciduca Francesco Ferdinando in Bosnia nel 1914, segnarono l’inizio della Prima Guerra Mondiale. Incredibile a dirsi, il casus belli di una guerra recente fu una banale partita di calcio, e fu quella che scoppiò tra Honduras e Salvador. Specialmente da quando i media sono a caccia di semplificazioni, al casus belli viene attribuita un’importanza simbolica, quando non è altro che la proverbiale goccia che fa traboccare un vaso stracolmo.
Draghi e Conte non sono minimamente accostabili per prestigio agli eventi storici di cui sopra, e utilizzare per loro la parola “guerra” significherebbe nobilitarli. E’ essenzialmente un incontro di wrestling che già sta covando da mesi, basterebbe pensare a come gli organi vicini a Conte sparino a palle incatenate contro Draghi. Ma anche gli incontri di wrestling hanno il loro “casus belli” (chi è appassionato ne ricorderà centinaia) e in questo match la vicenda degli armamenti costituisce soltanto il casus belli, l’occasione che Conte aspettava per sfidare Draghi. Ma perché? Il perché è semplice: tra un anno si vota. E quindi, avviato il consueto valzer propagandistico creato per dividere in due gli italiani, ci dovremo preparare all’ennesimo incontro di wrestling che si terrà sui talk-show e sui social.
Fondamentalmente il fatto è questo: l’ultima tornata elettorale ha mostrato una forte crescita dell’astensionismo. Il governo Draghi, a cui hanno partecipato tutti i partiti (compreso il Movimento 5 Stelle, dunque Conte) ha aperto una voragine nell’elettorato antisistema che qualcuno dovrà pure colmare. E dal momento che gli italiani, mentre durante la legislatura si lasciano andare agli estremisti, viceversa in prossimità delle elezioni, si convertono al “meno peggio”, Conte è a caccia degli elettori “meno peggio” a cui proporsi come punto di riferimento. E il senso è proprio questo: se Conte farà cadere Draghi, molti antidraghiani penseranno – e sbaglieranno di grosso, qualcuno sta già abboccando – di trovare nel leader del M5S un punto di riferimento.
Onestamente non ho intenzione di spendere un intero articolo per indicare perché è bene non cascarci; quanto Conte sia stato del tutto funzionale alla narrazione covid, che ha sempre avuto due ali, quella di Draghi e delle pressioni vaccinali e quella di Conte dei lockdown. E’ necessario semplicemente mantenere la guardia alta e rendersi conto che sia Conte che Draghi non stanno combattendo una guerra per gli interessi degli elettori ma solo dei propri. Senza dubbio, e va onestamente riconosciuto, Conte è un “facoltativista” in merito al vaccino, ma unicamente per calcolo politico. E’ lo stesso politico che ha governato un anno con Salvini per poi dare la stura all’antisalvinismo. Che ha chiuso in casa noi italiani per un anno. Non è che l’altra faccia della cospirazione pandemica. E se l’interesse lo prevedesse, non esiterebbe a fare un’ulteriore giravolta, per dividere ulteriormente il fronte della dissidenza.
Di base, questo è uno scontro che ufficialmente nasce per cose legate alla guerra in Ucraina ma che serve, in realtà, unicamente come casus belli per aprire la campagna elettorale. Anche se si farà passare che l’opposizione di Conte sia stata la causa. Poi può darsi che alla fine si giungerà ad una tregua e che il casus belli sarà un altro. Ma le parti dell’incontro di wrestling, e non da oggi, sembrano ormai chiaramente delinearsi.
FRANCO MARINO
Fonte: Il Detonatore.it