Il COP27 al via, mentre noi parliamo di rave (e di fave)

Pensate: l’umanità intera, nel lontano 1985, ritenne necessario adottare misure drastiche a livello mondiale per contrastare la formazione del buco dell’ozono. Fu un’emergenza planetaria, riconosciuta dagli scienziati tanto che, nel 1987, venne firmato il protocollo di Montreal per bandire i CFC (e.g.: i gas contenuti nei frigo, nelle bombolette spray). Da allora, grazie alle mitigazioni messe in atto, la superficie del buco formatosi sul fondo del pianeta, si è man mano ridotta.

Il buco raggiunse la massima estensione nel 2000 ( tanto per far capire i tempi e l’inerzia del “sistema” che regola la fisica del paneta) e poi, pian piano, è andato a ridurre ulteriormente le sue dimensioni.
Nel 2015 il buco si ridusse di 4 milioni di kmq. Con questo ritmo, gli scienziati hanno affermato che potrebbe chiudersi completamente entro il 2050. Se succederà sarà dopo circa 65 anni dalle prime azioni intraprese.
E allora credevamo ancora alla scienza.
Non c’era un imbecille che tornava dal Giappone e diceva che “l’Avigal” risolveva la pandemia.
Ecco.
Pensate ora al cambiamento climatico.
Guardate gli effetti di ogni temporale, burrasca, evento meteo. Come gli eventi di ieri nel sud Italia. Eppure, da quando se ne parla, nulla è stato fatto per sanare drasticamente gli effetti antropici sul clima e la situazione è costantemente peggiorata, sia in termini di bilanci economici che di vite umane.
Se smettessimo oggi di produrre le cause del riscalamento globale, il pianeta continuerà ad aumentare le temperature, fregandosene altamente delle mitigazioni.
Ma di mitigazioni non se ne vedono. A meno che non si possa interrompere l’emissione di sostanze serra con le parole.
Niente.
Non c’è alcun segnale. Anzi, un 3% di negazione ancora conta come il 97% del consenso scientifico. Quel 3% ha ancora appeal su larga parte della popolazione mondiale e sulla contronarrazione. Se rimaniamo ancora nella fase della negazione questo argomento rimarrà ancora per troppo tempo negli argomenti a margine, mentre è l’argomento principale. E non bastano morti, disastri, carestie. Le michiate a corollario sono sempre le stesse: ciclicità del clima, è il sole, i vulcani, la Groenlandia era verde prima…
Andate a cagare.
Oggi si apre la #COP27.
Sarà un fiume di parole, di sciocchezze, di equilibrismi verbali per ribadire che non ce ne fotte un cazzo e che vogliamo continuare a vivere come abbiamo sempre fatto. Puttanate, tutte mirate a non ledere il consenso dell’ establishment mondiale. C’è una considerazione che mi colpisce sempre. Quello che affronterà il mondo intero (in termini di popolazione intera), al mondo stesso (in termini di pianeta), con i suoi tempi, le sue ere, il suo ciclo, non gli interesserà affatto! Mentre gli unici che dovrebbero preoccuparsi, son coloro che pensano di essere intelligenti e che lo abitano come se avessero risorse infinite. In quell’unico punto disponibile in miliardi di chilometri di vuoto.
Ecco, io non so chi leggerà queste parole ma mentre quelli ancora più “intelligenti” parlano di rave ( e di fave) io continuerò a fare la mia parte, come nella favola del colibrì e del leone, sperando, in cuor mio, che sempre più persone possano capire e diventare dei piccoli colibrì colorati.

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