«Era tutto pronto per Salvini a Mosca ma la fuga di notizie ci ha bloccato»
Parla Capuano, il consulente del leader: «Dovevamo solo parlarne a Draghi. Un piano in quattro punti, per questo Salvini nei giorni scorsi è andato anche in Vaticano»
«Ormai era tutto pronto, dovevamo solo parlarne al premier Draghi per avere il via libera finale. Ma la fuga di notizie ha scatenato il finimondo». E la missione di Matteo Salvini a Mosca a questo punto è rinviata a data da destinarsi, se mai si farà. Antonio Capuano, avvocato napoletano con un trascorso da deputato di Forza Italia (tra il 2001 e il 2006), da un paio d’anni consulente di politica estera del segretario leghista e «padre» del progetto del viaggio in Russia, non lo dice apertamente, ma è evidente che il fuoco di sbarramento che si è levato, dal governo come dalle forze politiche come dalla stessa Lega che si è trovata spiazzata dall’iniziativa del suo leader, congela tutto. «Salvini ha deciso di fermarsi per una riflessione, per il bene del Paese, del governo e del suo stesso partito. Non aveva bisogno del mandato di nessuno per lanciare la sua iniziativa di pace, ma ora che tutto il lavoro fatto è di dominio pubblico ritiene giusto che ciascuno possa esaminare il piano e fare le valutazioni del caso».
Pur non esplicitata, nella migliore delle ipotesi è una brusca frenata. Per quel che si è capito, il viaggio avrebbe dovuto realizzarsi in questi giorni. La bufera che si è scatenata nelle ultime 72 ore, come aveva già fatto capire lo stesso Salvini sabato, suggerisce uno stop. Anche perché c’è molto da spiegare e chiarire rispetto ad un progetto su cui il segretario leghista si è mosso in pressoché assoluta solitudine (cosa che gli hanno rimproverato soprattutto i leghisti). «Ma noi non abbiamo mai pensato di fare tutto in segreto — spiega Capuano — Anzi, Salvini qualche messaggio su quel che aveva in animo di fare l’aveva anche mandato. Forse non è stato colto». L’avvocato-consulente cita ad esempio il discorso che Salvini ha fatto in Senato il 19 maggio scorso. «In quella sede ha auspicato una iniziativa diretta del premier Draghi, in coordinamento con Francia e Germania. Ma aveva chiarito che riteneva necessaria una iniziativa di pace. Un tentativo che andava fatto ad ogni costo. Non poteva dire di più, eppure quelle parole sottintendevano che stava lavorando ad un progetto».
Il piano a cui stavano lavorando Salvini e Capuano era basato su quattro punti. Primo: indicazione di una sede neutrale dove svolgere i negoziati di pace (preferibilmente il Vaticano). Secondo: la nomina di tre garanti, i vertici istituzionali di Italia, Francia e Germania, più un garante morale. Terzo: un cessate il fuoco come conditio sine qua non per iniziare i negoziati insieme allo sblocco delle navi che portano il grano e gli aiuti umanitari. Quarto: la visita di una grande personalità morale a Mosca e Kiev (cioè il Papa). «Qualcuno ha parlato di velleitarismo — interviene l’ex deputato azzurro — ma nei giorni scorsi Salvini è stato ricevuto in udienza dal Segretario di Stato vaticano il cardinal Pietro Parolin. Quello era un passo del percorso che stavamo realizzando, non è stata una visita di piacere». Capuano da avvocato veste una toga immaginaria per difendere il leader leghista dalle accuse che lo hanno investito: «Il segretario da tempo sta facendo un lavoro di tessitura straordinario. Checchè ne dicano i suoi avversari, Salvini è molto conosciuto e apprezzato nelle cancellerie internazionali. E anche in questo frangente ci siamo mossi con tutte le cautele che un’operazione del genere richiedeva».
Ma l’operazione non è riuscita, inutile nasconderselo. Forse perché il premier Draghi andava consultato fin dall’inizio e non solo come atto finale? «Sono valutazioni legittime — risponde Capuano — Certo non potevamo sottoporre al premier un’idea generica. Si è ritenuto di lavorare sotto copertura fino ad avare tutti gli elementi per poter andare dal presidente del Consiglio a chiedere il via libera. Ci saremmo attenuti alla sua decisione. Ma la fuga di notizie ha alzato un polverone». Ed ora la missione è appesa ad un filo. L’avvocato-consulente però vuole togliersi qualche sassolino dalle scarpe. «Qui tutti attaccano Salvini per i suoi rapporti con Putin. A me pare che siano altri che vanno a Mosca, in giacca e cravatta e non con una maglietta, a fare affari. Il segretario della Lega, invece, sta cercando in ogni modo di trovare una via d’uscita dalla guerra. Può darsi che abbia commesso errori. Ma credo che non sia stato capito. Ho trovato molte critiche ingiuste e ingenerose. In parte giustificate da una mancata conoscenza del progetto. Ora che è di dominio pubblico mi auguro che si sviluppi una riflessione seria. La chiede anche Salvini. E poi si deciderà cosa fare».
30 maggio 2022 (modifica il 30 maggio 2022 | 11:04)
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