• 19 Giugno 2022
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Catania, i Ris per sei ore nella casa di Martina Patti: a caccia dell’arma del delitto. Il gip: «È ancora pericolosa»

Catania, i Ris per sei ore nella casa di Martina Patti:  a caccia dell’arma del delitto. Il gip: «È ancora pericolosa»

di Alfio Sciacca

Sequestrati nell’abitazione altri coltelli e alcuni indumenti della giovane donna, accusata dall’omicidio della figlia Elena Del Pozzo di 5 anni. La donna resta in cella controllata a vista.

Hanno lavorato per oltre sei ore. In casa di Martina Patti e nel campo dove lei sostiene di avere ucciso la figlia Elena, di appena 5 anni, e dove martedì scorso ha fatto ritrovare il cadavere all’interno di una buca semicoperta dalla terra. Il Ris dei Carabinieri era a caccia di riscontri per verificare il racconto della donna che, secondo gli inquirenti, non direbbe tutta la verità, anche se ha confessato di essere stata lei ad uccidere la figlia. Il lavoro degli investigatori si sono conclusi intorno alle 22,30, ma non è stata ancora ritrovata l’arma utilizzata per il delitto «compatibile – secondo l’autopia – con un coltello da cucina». L’hanno cercata ovunque, scavando nel terreno e cercando tra i rovi della macchia mediterranea. Niente, dell’arma non c’è ancora traccia.

In casa di Martina Patti sono andati alla ricerca di eventuali tracce di sangue, ma fino ad ora gli inquirenti non dicono se siano state trovate o meno. Sequestrati invece molti reperti utili al prosieguo delle indagini. Verosimilmente coltelli trovati nella cucina di casa, da comparare con le ferite riscontrate sul cadavere della bambina e anche vestiti di Martina Patti.

La donna intanto resta detenuta in regime di isolamento nel carcere catanese di Piazza Lanza, controllata a vista nel timore che possa compiere dei gesti di autolesionismo. Proprio ieri, nel convalidare il fermo di Martina Patti, il giudice per le indagini preliminari, Daniela Monica Crea, ha nesso in evidenza la «fredda determinazione» della donna nel compiere il delitto per il quale ha riconosciuto «l’aggravante della premeditazione». Nel confermare che la donna deve restare in carcere il gip ha ravvisato che è ancora pericolosa. Ha infatti ritenuto tutte le esigenze cautelari. Innanzitutto la reiterazione del reato, ma anche il pericolo di fuga e di inquinamento delle prove.

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