Barbra Streisand l’ha fatto prima di te
La prima cosa che ti chiedi è perché mai nel 1962 una ventenne debba cantare un pezzo usato trent’anni prima da Roosevelt come inno della campagna presidenziale. Non appena Barbra Streisand attacca Happy Days Are Here Again cominci a intuire qualcosa. Non è la versione che si è abituati a sentire del canto carico d’ottimismo di chi si lascia alle spalle la crisi del ’29. Interpretata da Streisand pare un lamento funebre. L’aveva fatta così, ironica e drammatica, sei mesi prima al Garry Moore Show, trasformandola nella canzone di chi ha perso tutto nel crollo della borsa. Sei mesi dopo, c’è dell’altro. Streisand canta che “il cielo è di nuovo sgombro” e lo fa con aria mesta, quasi non ci credesse, quasi stesse pensando ai giorni in cui le dicevano che era «troppo speciale» per fare la cantante, e cioè probabilmente che era bruttina, ebrea e volgare. Per dirla col grande scrittore Tennesse Williams, la dolcezza della sua voce era alimentata dalla rabbia. Quando finalmente arriva il finale festoso, perché arriva, Streisand continua a stare dentro la canzone con la
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