Nomi, nomi e ancora nomi: il Pd cerca una guida, ma ciò che manca davvero è un’anima
Come ampiamente previsto da tutti gli osservatori, il sedicente congresso rifondativo del Partito Democratico sta diventando una via crucis in attesa dello scontro finale tra Stefano Bonaccini e Elly Schlein. I buoni propositi sulla necessità di aggiornare una linea politica naufragata nel giro di un quindicennio (gran parte del quale speso al governo) stanno perdendo male lo scontro con una realtà fatta più di personalità più o meno grandi che di idee. In linea puramente teorica, Bonaccini rappresenterebbe l’area centrista del Pd, mentre Schlein viene vista come la candidata della sinistra interna, ma poi basta andare a guardare come si stanno muovendo le famigerate correnti per rendersi conto che la faccenda è più complessa.
Per esempio sul governatore emiliano, oltre agli ex renziani, si sta piazzando l’area che fa capo a Matteo Orfini, mentre sulla sua vice si allunga l’ombra del mai redento democristiano Dario Franceschini. I socialdemocratici (o togliattiani, o quel che è) di Andrea Orlando stanno ancora valutando il da farsi, propendono per Schlein ma l’ideologo Goffredo Bettini spera ancora di riuscire a lanciare la candidatura del sindaco di
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