“Il giorno che i morti persero la strada di casa”, la commemorazione dei defunti in Sicilia spiegata da Camilleri
Uno dei meravigliosi racconti di Camilleri che narra l’antica tradizione del giorno dei morti in Sicilia e di come andò scemando
“Il giorno che i morti persero la strada di casa” questo il titolo di uno dei meravigliosi racconti di Camilleri che narra l’antica tradizione del giorno dei morti in Sicilia e di come dal secondo dopoguerra in poi sia andata scemando. Ecco il testo.
“Fino al 1943, nella nottata che passava tra il primo e il due di novembre, ogni casa siciliana dove c’era un picciriddo si popolava di morti a lui familiari. Non fantasmi col linzòlo bianco e con lo scrùscio di catene, si badi bene, non quelli che fanno spavento, ma tali e quali si vedevano nelle fotografie esposte in salotto, consunti, il mezzo sorriso d’occasione stampato sulla faccia, il vestito buono stirato a regola d’arte, non facevano nessuna differenza coi vivi. Noi nicareddri, prima di andarci a coricare, mettevamo sotto il letto un cesto di vimini (la grandezza variava a seconda dei soldi che c’erano in famiglia) che nottetempo i cari morti avrebbero riempito di dolci e di regali che avremmo trovato il 2 mattina, al risveglio.
Eccitati, sudatizzi, faticavamo a pigliare sonno: volevamo vederli, i nostri morti, mentre con passo leggero venivano al letto, ci facevano una carezza, si calavano a pigliare il cesto. Dopo un sonno agitato ci svegliavamo all’alba per andare alla cerca. Perché i morti avevano voglia di giocare con noi, di darci spasso, e perciò
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