Attacco al nucleare iraniano: ecco le ripercussioni internazionali dell’hacktivismo interno

L’e-mail dell’Agenzia iraniana per l’energia atomica, l’organizzazione governativa che si occupa dello sviluppo del nucleare, è stata hackerata qualche giorno fa. Se, dapprima, la stessa agenzia aveva puntato il dito su un “Paese straniero”, l’attacco è stato poi rivendicato da un gruppo di hacktivisti nazionale L'articolo Attacco al nucleare iraniano: ecco le ripercussioni internazionali dell’hacktivismo interno proviene da Cyber Security 360.

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L’ANALISI

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L’e-mail dell’Agenzia iraniana per l’energia atomica, l’organizzazione governativa che si occupa dello sviluppo del nucleare, è stata hackerata qualche giorno fa. Se, dapprima, la stessa agenzia aveva puntato il dito su un “Paese straniero”, l’attacco è stato poi rivendicato da un gruppo di hacktivisti nazionale

13 ore fa

S

Marco Santarelli

Professor Intelligence and Semiotics – Security Information and Antiterrorism – Chief ISD – Intelligence, Security and Defence Departiment BSS

L’AEOI, Atomic Energy Organization of Iran, ossia l’organizzazione governativa iraniana di energia atomica, ha subito un attacco all’e-mail interna, con conseguente furto e fuga di dati sensibili, e ha accusato un “Paese straniero”, ma il cyber crime è stato rivendicato da un gruppo di hacktivisti nazionale.

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Si è trattato di un attacco interno

Si tratta dei Black Reward, hacktivisti iraniani che hanno pubblicato documenti dell’Agenzia di energia nucleare, tramite il loro canale Telegram, dopo non essere riusciti a convincere il governo a rilasciare i prigionieri politici che sono trattenuti dal regime a causa delle proteste dell’ultimo periodo.

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Il gruppo ha rivendicato la paternità dell’attacco su Twitter ed esplicitato, sempre sulla piattaforma social, le condizioni dell’azione e il tempo di 24 ore entro le quali ci sarebbe dovuta essere la liberazione dei prigionieri, in cambio della restituzione dei dati rubati.

Secondo quanto comparso sulla traduzione inglese di un documento, la diffusione dei dati sarebbe stata spinta dalla memoria della giovane ventiduenne iraniana Mahsa Amini, arrestata dalla polizia morale per aver indossato il velo in maniera “scorretta” e poi deceduta a settembre,


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