Storia di Sara, mamma affidataria per un anno, tra dolcezze, spaventi e grandi vuoti riempiti
Questo articolo sulla mamma affidataria fa parte della serie «Madri, storie eccezionali di donne come noi». Se volete raccontarci la vostra esperienza, scriveteci qui
«Non mi ha mai chiamato mamma, Aisha. Né parlava di me come della sua “mamma affidataria”. Mi chiamava come mi chiamano tutti, Sarina, perché sono piccola di statura. Diceva che per lei ero come una vecchia zia. Io ridevo: “Dai, diciamo solo zia”». Ha riso per un po’, Sara, notaia 50enne di Reggio Calabria trapiantata a Verbania dopo il divorzio. Era felice del disordine e dei riccioli che le affollavano casa, da quando Aisha era stata affidata a lei. «Tra noi c’è stato un colpo di fulmine: la prima volta che ci siamo viste abbiamo parlato a lungo, ci siamo abbracciate, io non volevo che se ne andasse via e lei nemmeno». L’idillio è durato qualche mese, tempi di vacanze, di dolcezze e di reciproci vuoti riempiti. Poi, la vita vera ha bussato alla porta: «Con l’inizio
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