Soumahoro, CiccioGamer89 e il nostro bisogno di giustizialismo a ogni costo
Sono nato il 21 febbraio del 1992, appena quattro giorni prima dell’arresto di Mario Chiesa nel suo ufficio di via Marostica 8, zona ovest di Milano.
Tangentopoli, in un certo senso, è iscritta nel mio codice genetico: i primi anni di vita di chi scrive sono coincisi con il mito del Pool di Mani Pulite, con la trasformazione di Di Pietro in una sorta di supereroe in abiti civili, con il lancio di monetine davanti all’Hotel Raphael, con i titoli d’apertura dei telegiornali pronti a dare notizia del suicidio dell’ennesimo imprenditore e con le urla di folle inferocite e affamate di una non meglio precisata “giustizia”, determinate a fare a brandelli ogni rimasuglio di garantismo.
Di conseguenza, ho sempre vissuto in un Paese rancoroso, turbo–indignato e accecato dal livore: non so neppure immaginarmela, un’Italia non massivamente arrabbiata.
Nelle ultime settimane, complice la crociata mediatica che ha travolto lo steamer Mirko Alessandrini, meglio conosciuto come CiccioGamer89, e il deputato in quota Verdi–Sinistra Aboubakar Soumahoro, quell’insopportabile sottofondo giustizialista è tornato a farsi sentire più forte che mai.
Per chi fosse poco avvezzo alla questione, ecco un
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