La quarta venuta di Boris
Boris è sempre stata una serie unica nel panorama italiano. Ha dato inizio a una rivoluzione di linguaggio e di intenzioni, e nel corso del tempo è riuscita a imporsi come un punto di riferimento all’interno della comunità degli addetti ai lavori. Il pubblico l’ha amata. Perché estrema, scorretta, feroce. Boris è come uno specchio, e in questo specchio si riflettono le assurdità della realtà, i paradossi del cinema e della televisione e la mediocrità dilagante in cui siamo tutti immersi. Non racconta unicamente la storia di un regista e della sua troupe; racconta uno spaccato preciso, profondo, di quello che siamo. Ed è per questo, probabilmente, che Giacomo Ciarrapico e Luca Vendruscolo, i registi e sceneggiatori della quarta stagione che hanno creato Boris con Mattia Torre, hanno aspettato tanto per rimettere mano a questa storia.
«Non volevamo guastare la festa che Boris è stata», dice Ciarrapico. «Molte persone avevano quasi paura di vedere i nuovi episodi perché non volevano rovinare il ricordo che conservavano di questa serie. Ed è un aspetto che ci ha fatto molta impressione. Noi, come sceneggiatori, non ce ne siamo accorti subito. Perché, come si dice, nessuno ci si incula. Sono stati gli attori a farci capire la portata di Boris». Tormentoni, meme, clip condivise ogni giorno e ogni ora, e poi video, immagini, riferimenti. Non è un’esagerazione parlare di una cultura “borisiana” dello spettacolo, e non è un’esagerazione dire che la serie prodotta da Lorenzo Mieli per The Apartment, disponibile su Disney+, si è trasformata in un vero e proprio simbolo.
ⓢ Che sfide avete dovuto superare per riuscire a produrre questa quarta stagione?
Luca Vendruscolo: «Negli anni precedenti ci sono state delle idee. A
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