La danza delle ombre. Spie, agenti e molti segreti raccontati da Guido Olimpio
La data: un giorno qualsiasi dopo il luglio del 1986. Il luogo: Roma.
Aldrich Ames, seduto alla sua scrivania nell’ambasciata americana, sceglie i documenti più interessanti e li mette da parte. In attesa. Dovrebbero essere distrutti ogni sera, verso le 18, invece lui non lo fa. Ogni tanto li infila in una borsa, nascosti all’interno di una rivista o di un giornale. Poi, in giorni designati, va all’appuntamento con l’amico “Sam II”, un agente dei servizi segreti sovietici.
Il russo lo passa a prendere, lo fa salire in auto e gli chiede di sdraiarsi sul sedile posteriore con un cappellino da baseball in testa. La destinazione finale è la “residenza” ufficiale dell’Urss nella capitale, dove passano due o tre ore, a volte insieme a un altro interlocutore, noto come Vlad. Un metodo semplice, quasi sorprendente per quanto è alla luce del sole. Ames è infatti autorizzato a vedere il “nemico” dai suoi capi della Cia, fa parte dell’interazione dell’Intelligence, nella speranza di arruolare un funzionario rivale.
Ames va e viene durante la giornata. Ama l’Italia,
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