La colpa di Alfredo
Questo articolo è pubblicato sul numero 49 di Vanity Fair in edicola fino al 6 dicembre 2022
Immaginate di vivere soli dentro a una tomba, e di uscirne solo per l’ora d’aria, da trascorrere dentro a una vasca di cemento dalle mura altissime, in un posto torrido d’estate e umido d’inverno, coperto da una rete di metallo attraverso la quale si vede soltanto un pezzo di cielo. Non mi stupisce che una persona sottoposta a questo regime, ritenendolo ingiusto, decida di rischiare la vita pur di far conoscere la sua situazione. Già in carcere si sta male, malissimo – i suicidi quest’anno sono stati ottanta fin qui, più di sempre, e cento negli ultimi dieci anni sono stati quelli degli agenti di polizia penitenziaria perché in carcere non stanno male solo i detenuti –, figuriamoci come si sta quando si è sottoposti a un trattamento simile per scontare la colpa delle proprie idee politiche e delle azioni connesse a quelle idee. Alfredo Cospito è un anarchico e non ha ucciso nessuno. Ha iniziato lo sciopero della fame un mese fa (ha
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