Keila Guilarte, dalla moda alla fotografia, ora racconta la sua Cuba (senza mezzi termini)
Se dovesse scegliere soltanto una delle foto che ha scattato, quale sarebbe?
«“Fraternidad”. Ero con la mia famiglia a pranzo vicino al mare: ricordo che l’acqua era sporca perché c’erano molte barche e quindi tanto petrolio. Vedo dei ragazzi: mentre uno nuota, gli altri, che si trovano sul pontile, urlano. Avendo avvistato una medusa, gli amici sul molo sollevano il ragazzo in acqua e lo aiutano a uscire, senza nemmeno pensare al pericolo di cadere loro stessi in mare. L’umanità di quei ragazzi mi ha emozionata: a Cuba le persone si mettono a nudo, completamente a disposizione dell’altro».
Quale termine userebbe per definire i cubani?
«Ingenui: abbiamo vissuto nell’attesa di un futuro migliore, come quando ai bambini promettono la caramella che non arriverà mai. Mentre gli altri passano oltre, in noi è sempre viva la speranza».
Cosa possono imparare gli italiani dal vostro popolo?
«Innanzitutto la pazienza: ne abbiamo tantissima. Anche se succede qualcosa di negativo, manteniamo sempre il nostro mood rilassato. Come si dice da noi, “quello che succede, conviene”: le difficoltà che incontri durante la vita, alla fine, ti aiuteranno. Poi la curiosità.
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