Inflazione, +300% su frutta e verdura dal campo allo scaffale

Dal produttore alla Gdo, il prezzo quadruplica lungo la filiera con forti ripercussioni sul consumo (-10%). A dirlo è Cia, la Confederazione italiana agricoltori [...]

Lievita del +300% il prezzo medio di frutta e verdura nel percorso dal campo allo scaffale della Grande distribuzione organizzata. Secondo Cia-Agricoltori Italiani l’inflazione al galoppo sta creando forti squilibri lungo la filiera dei prodotti agricoli freschi. Rilevanti le ripercussioni sui consumi di ortofrutta nelle famiglie, che registra una variazione del -10% negli ultimi 12 mesi. Ma è anche allarme deflazione per gli agricoltori, che si vedono riconosciuti prezzi troppo bassi rispetto ai forti aumenti dei costi di produzione. Secondo l’analisi Cia, in cima alla classifica del divario origine/scaffale c’è l’uva da tavola pagata 0,42 euro al chilo mentre sui banchi di vendita il prezzo va a quasi 3 euro al chilo (+574%), le mele golden (+442%) dagli 0,43 del campo ai 2,33 euro/kg al consumo, mentre sul terzo scalino del podio la melanzana tonda (+299%) da 0,86 a 3,43 euro/kg. Seguono le pere williams (+293%) da 0,71 a 2,79 euro/kg, i finocchi (+280%) da 0,88 a 3,34 euro/kg, la lattuga romana (+263%) da 0,82 a 3 euro/kg, i cavolfiori (+155%) da 1,11 a 2,83 euro/kg e la zucchina scura (+125%), che arriva sullo scaffale a 3,55 euro/kg partendo dagli 1,58 euro dell’azienda agricola.

Per Cia, nella catena del valore alimentare a perdere sono, dunque, sempre gli agricoltori. Se il valore aggiunto agricolo è il saldo tra la produzione e i consumi intermedi, sarà sempre più difficile per i produttori continuare a coltivare la propria terra. L’ortofrutta italiana sconta ancora un forte gap infrastrutturale, con criticità nella logistica e nelle fasi di stoccaggio e distribuzione. Cia ricorda che solo per remunerare i costi di trasporto e distribuzione viene destinato il 41% del prezzo pagato dal consumatore finale. Per riequilibrare la catena del valore e potenziare il mercato interno, occorrono dunque una maggiore aggregazione fra produttori e un “patto di sistema” più equo, moderno ed efficiente con tutti i soggetti del sistema ortofrutticolo, utile anche per rispondere alle sfide economiche e ambientali legate al Green Deal europeo, che richiedono sempre maggiori standard di sostenibilità.

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