Guerra sul cioccolatino più iconico d’Italia, che cosa sta accadendo tra la Lindt e gli artigiani torinesi del Gianduiotto
Sotto un sottilissimo strato di carta dorata un golosissimo cioccolatino fatto di cioccolato e pasta di nocciole. E stop. È il gianduiotto (o giandujotto o giandojòt, come viene chiamato in piemontese), che con la sua forma inconfondibile a barca rovesciata delizia i nostri palati da quasi due secoli e ora si trova al centro di...
Il Gianduiotto torinese, si sa, va preparato con soli tre ingredienti: nocciola, zucchero e massa di cacao. Ma il colosso svizzero chiede che nel disciplinare per il riconoscimento dell’IGP sia inserito anche il latte
Sotto un sottilissimo strato di carta dorata un golosissimo cioccolatino fatto di cioccolato e pasta di nocciole. E stop. È il gianduiotto (o giandujotto o giandojòt, come viene chiamato in piemontese), che con la sua forma inconfondibile a barca rovesciata delizia i nostri palati da quasi due secoli e ora si trova al centro di una diatriba.
Tutto ruota attorno al disciplinare che dal 2017 ha avviato l’iter per il riconoscimento dell’IGP, l’Indicazione Geografica Protetta, del cioccolatino più iconico d’Italia e che per essere approvato ha posto dei paletti rigorosi: il peso per formato, da 4 a 11 grammi, la percentuale di nocciola, 30/45% e – soprattutto – il rispetto della ricetta originale che non prevede il latte.
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Misure che non sono piaciute alla Lindt: il gruppo svizzero (che ad oggi detiene il marchio
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