Da Mancini a Ronaldo. Ecco perché l’Arabia col calcio fa geopolitica
No, il calcio non è semplicemente uno sport. Non lo è da decenni e non lo è maggior ragione oggi, periodo nel quale tutto è governato da strategie politiche e interessi economici. Ecco perché gli spaventosi acquisti delle squadre saudite di calciatori top player in Europa non deve sorprendere. Né deve stupire il contratto monstre da 90 milioni di sterline in tre anni che sarebbe stato garantito al prossimo Ct dell’Arabia, Roberto Mancini.
“Il calcio è uno strumento di soft power che gli Stati utilizzano nella competizione internazionale, nell’alveo di vere e proprie guerre non convenzionali che si combattono per affermarsi, attraverso logiche non eminentemente militari”, spiega non a caso Alessio Postiglione, esperto di geopolitica e di politica internazionale, professore alla SIOI (Società Italiana per l’Organizzazione Internazionale) e da poco in libreria – non a caso – con “Calcio, politica e potere. Come e perché i Paesi e le potenze usano il calcio per i loro interessi geopolitici (Edizioni Mondo Nuovo).
Professore, partiamo dai numeri: le squadre arabe hanno speso quest’estate 435 milioni di sterline per i trasferimenti dei giocatori e
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