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Articolo tratto dal numero di novembre 2022 di Forbes Italia. Abbonati!
Biofarma ha le idee chiare: diventare un player globale nel settore degli integratori alimentari, della dermocosmesi e dei medical device. Per farlo si sta aprendo le porte anche in Paesi europei in cui attualmente ha una presenza ridotta, pur essendo un leader a livello continentale.
L’ultima operazione è l’acquisizione di Nutraskills, azienda francese con 22 milioni di fatturato specializzata nello sviluppo, produzione e confezionamento di integratori alimentari per conto terzi, che permette al gruppo italiano numero uno della nutraceutica di conquistare un’opportunità. Con questa operazione Biofarma group migliora ulteriormente numeri già importanti, come conferma il fatturato di circa 300 milioni di euro in grande crescita, ben oltre il 20%, rispetto all’anno precedente.
“Il nostro”, spiega il ceo Maurizio Castorina, “è un mercato molto eterogeno visto che siamo presenti sull’intero territorio mondiale. Vendiamo i nostri prodotti in Italia, indicativamente in percentuali attorno al 56%, in territorio europeo, circa il 30%, mentre il restante 14% è da dividere fra Asia Pacifica, con Cina e Sud Corea come realtà principali, Sudamerica e Stati Uniti”.
Il quartier generale di BiofarmaEspansione geografica e acquisizioni: così Biofarma vuole dominare il mercato degli integratori 3
Il gruppo ha cinque siti produttivi distribuiti fra Italia (Friuli-Venezia Giulia vostro headquarter, Veneto e Lombardia) e Francia, oltre 900 collaboratori e 170 linee di produzione. Cifre importanti per una realtà italiana che punta sulla produzione e sul confezionamento di integratori alimentari, dispositivi medici, nutraceutici a base probiotica e cosmetici esclusivamente conto terzi. Quali sono gli obiettivi su cui puntate per una crescita ulteriore?
Vogliamo svilupparci a livello mondiale e possiamo affermare di avere appena iniziato visto che per raggiungere i nostri traguardi sono necessarie presenze significative negli Stati Uniti e nell’Asia Pacifica. Per farlo dobbiamo concentrarci con decisione su tre assi fondamentali: una crescita costante di tutto il gruppo, a iniziare dal fatturato, uno sviluppo geografico e territoriale che ci permetta di essere presenti nel maggior numero possibile di Stati e una serie di acquisizioni in grado di consentirci un ingresso facilitato in determinati territori.
Il vostro è un settore in continuo sviluppo.
Il mercato degli integratori è in costante crescita e le previsioni ci indicano che lo sarà anche nel prossimo futuro, diventerà fondamentale dunque intraprendere la strada giusta per cogliere le opportunità a cui ci troviamo di fronte. Vogliamo diventare leader a livello globale di dispositivi medici, che non sono le apparecchiature elettromedicali, ma sostanze che sviluppano attività di tipo meccanico e non metabolico. Per fare un esempio che tutti conoscono, il prodotto di questo settore più utilizzato è il Maalox. E poi puntiamo parecchio anche sulla cosmetica e in questo campo non si può prescindere per dimensioni dal mercato americano e quello asiatico, la Corea del Sud come punto di riferimento sulle ‘leggi della skincare’, fondamentale per la nostra crescita.
Uno dei vostri mantra è: “Ogni cosa deve essere personalizzata”. Quanto è importante oggi non standardizzare?
Siamo solamente agli inizi di un percorso, ma vediamo che sia nel mondo americano sia in quello europeo ci sono startup che studiano nel dettaglio come ti alimenti, in che modo vivi, quanta attività fisica fai e poi effettuano l’analisi dei tuoi bisogni alimentari. Non si ragiona più per macroclassi come succedeva fino a poco tempo fa, con prodotti ad esempio specifici per uomini giovani e altri per donne mature, ma si valuta il bisogno di integrazione del singolo individuo in base alle necessità personali. Questo è il futuro e per farsi trovare pronti sono necessarie tecnologie e macchinari adatti. Stesso discorso per la cosmetica: non tutte le pelli sono uguali ma si differenziano in base al pigmento o alla vita che si conduce. Il mondo della cosmetica sta cambiando anche a causa della luce blu, che emettono ad esempio i computer o le lampade a risparmio energetico. Anche in questo caso sono necessarie protezioni fondamentali per la nostra pelle.
Laboratorio, produzione e confezionamento: producete tutto in casa. Anche questo è un valore aggiunto?
In tanti adesso cercano di produrre direttamente. Il nostro vantaggio si esprime nella tecnologia che cerchiamo di sviluppare.
Un esempio?
Spesso abbiamo bisogno di vitamine che diano energia la mattina, un rinforzo a pranzo e relax la sera. Con una compressa a rilascio controllato io posso rispondere a tutti questi bisogni assumendo solo una pillola invece di tre. I risultati sono evidenti: nel 2019 avevamo una macchina che produceva questi prodotti, adesso ne abbiamo cinque in piena attività dal lunedì a sabato.
Puntate su valori come innovazione e coraggio. Cosa significa nel dettaglio?
Il coraggio è quello che esprimiamo nella capacità di osare in un settore come il nostro dove parecchi aspetti sono ancora da scoprire. Negli anni ’80 le conoscenze in farmacologia erano ridotte, nell’ultimo periodo c’è stata un’evoluzione incredibile, ad esempio in campo oncologico. Siamo all’inizio di un’era e dobbiamo farci trovare pronti. Oggi utilizzare un probiotico in oncologia non significa trattare direttamente il tumore, ma magari ridurre alcuni effetti collaterali delle cure o aumentare la durata dell’efficacia del prodotto oncologico. Tutti aspetti fondamentali su cui bisogna investire e lavorare.
Quali sono i vostri obiettivi futuri?
Un ingresso ancora più deciso in America, un mercato difficile per una serie di situazioni e per una realtà che ha una cultura diversa dalla nostra. Stiamo parlando di un altro mondo, soprattutto a livello commerciale, un modello differente. Proprio per questo stiamo pensando di acquisire società già presenti sul territorio, solide e ben introdotte sul mercato nutraceutico. Per farlo sono necessarie una seria programmazione, esperienza e competenze che stiamo definendo perché sarà un obiettivo strategico per il nostro gruppo.
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Nel film di Paolo Sorrentino Youth, due anziani amici si scambiano opinioni sulla vita, immersi nelle lussuose vasche di una spa ai piedi delle Alpi. Attorno a loro, trattamenti di fangobalneoterapia e sauna fanno da cornice a una riflessione sul passare del tempo e sull’importanza del benessere. Gli stessi centri termali, in fondo, fino alla fine degli anni ’80 erano visti come cliniche per la salute e raramente si vedevano giovani. Il wellness era ancora un concetto inesplorato.
C’è stato un momento, però, a partire dal quale tutto è cambiato. All’inizio degli anni ’80, Pericle Quadrio Curzio acquistò un nucleo di costruzioni fatiscente a Bormio, in alta Valtellina, conosciuto come Bagni Vecchi e Bagni Nuovi. Nei primi c’erano impianti termali risalenti all’epoca romana, con una grotta sudatoria, mentre la parte nuova disponeva di alberghi e strutture di accoglienza del periodo liberty.
Una nuova era delle terme
Pericle morì nel 1985. Una decina d'anni più tardi i figli Saverio e Andrea Quadrio Curzio avviarono il progetto di rinnovamento di Bormio. “Quando siamo partiti il modello di business palesava dei limiti: il termalismo si rivolgeva agli anziani e ai bambini, la prima prospettiva era quella della salute. E non contemplava l’esperienza del benessere. Noi, al contrario, volevamo attirare persone che sceglievano le terme per rilassarsi, per godere di una bella vista e del comfort”, spiega Andrea.
Proprio nel 1998, anno a partire dal quale fu rilanciato il progetto dei Bagni Vecchi di Bormio, Saverio ebbe un’intuizione: osservò che molti giovani, dopo lo sci, andavano in una grotta sudatoria situata lì vicino, 80 metri scavati nella roccia con acqua a 40 gradi, per il puro piacere di rilassarsi. Decise quindi di costruire una vasca esterna con vista su tutta la vallata. “C’erano vasche dove praticare la balenoterapia, ma era roba anni ’60. Bruttissima. Così abbiamo portato l’idromassaggio e abbiamo rivestito le vasche con il serpentino, una pietra locale verde. Questo è stato il primo progetto di restyling: in Italia non lo aveva ancora fatto nessuno”, ricorda. I Quadrio Curzio avevano capito, insomma, che c’era un pubblico più giovane a cui offrire ore di relax e divertimento, e che tutto questo poteva essere cool, non solo salutare. Nel 2003 arrivarono poi i Bagni Nuovi e l’annesso centro termale.
Qc Terme
Oggi, i fratelli Saverio e Andrea gestiscono il business di Qc Terme, battezzato così nel 2007 per rendere omaggio al cognome di famiglia, nei ruoli, rispettivamente, di presidente e ceo. Imprenditori si nasce o si diventa? Certo è che, dal dna imprenditoriale di famiglia, hanno imparato a gestire un’azienda che negli ultimi anni è cresciuta annualmente a doppia cifra, raggiungendo un numero di clienti superiore al milione nel 2019, per un fatturato di 90 milioni di euro. Ma hanno anche accolto quel destino che a volte pare inevitabile, come quando, nel 2001, Andrea ha deciso di lasciare lo studio di avvocati milanese nel quale operava dai tempi della laurea e trasferirsi a Bormio come nuovo direttore del Grand Hotel Bagni Nuovi.
La storia è un elemento centrale alla base del successo di Qc Terme. Il suo modello di business si ispira infatti a quello delle terme imperiali romane, dove persone di diversa estrazione socializzavano e condividevano pensieri sulla politica. Uno stile di vita che da millenni affida all’acqua la cura del benessere fisico, riassunto nel motto salus per aquam il cui acronimo ‘spa’ indica ancora oggi i luoghi del benessere. Il claim rimane quindi lo stesso, ‘aiutare le persone a stare meglio’, ma si arricchisce del concetto di experience.
“Quello dell’experience rappresenta un concetto essenziale per il business dell’ospitalità”, spiega Francesco Varni, ceo & chief of corporate activities and development. Varni ha accompagnato lo sviluppo dell’azienda dalle origini, nel 1990, quando Saverio stava prendendo le redini della società avviata dal padre. “Un quid plus che si traduce nell’esigenza di soddisfare requisiti quali esclusività e personalizzazione. Sono tante le realtà di prestigio nel settore, ma Qc Terme è una delle poche catene in circolazione che, anche grazie al suo know-how infrastrutturale, è riuscita a rendere scalabile questo progetto”.
Da Bormio al mondo
Quando nel 2007 le terme sono arrivate anche a Milano, all’interno delle cinquecentesche mura spagnole di Porta Romana, il progetto era di portare l’acqua termale con le autobotti: “Era un procedimento troppo complesso, quindi abbiamo optato per l’acquedotto”, dice Andrea. Oggi l’impianto - sua la prima biosauna al mondo realizzata all’interno di un tram - dispone di tecniche di igienizzazione all’avanguardia simili a quelle delle strutture sanitarie, e si affida a tecniche di riciclo dell’acqua in ottica di sostenibilità.
Anche la scelta delle location - oggi Qc è presente con 11 sedi in tutto il mondo tra Bormio, Pré Saint Didier, Milano, Torino, Roma, San Pellegrino Terme, Dolomiti, Chamonix-Mont-Blanc e New York - non è casuale. Ma è il frutto di una certosina ricerca condotta sulla base di criteri specifici. “Le prime cose che prendiamo in considerazione sono la bellezza del luogo e il pregio dell’edificio”, racconta Andrea. “Le persone sono stanche, mentalmente e psicologicamente. Vogliono disconnettersi e riconnettersi con la natura e la bellezza. Poi ognuno entra con un’esigenza diversa: accogliamo principalmente persone in coppia come familiari, colleghi, mamma e figlia. In comune, l’esigenza di ricevere momenti di gratificazione e condivisione”.
Sulle orme di Gardaland
Per la scelta delle strutture, il modus operandi si basa sul geo-marketing. “Prendiamo i parchi divertimento: vengono costruiti secondo il parametro della popolazione residente a un’ora di macchina”, prosegue Saverio. “Gardaland, ad esempio, nel raggio di un’ora raccoglie 3 milioni e 200mila visitatori, il 30% della sua catching area. Anche noi abbiamo parametri simili: per la selezione valutiamo quante persone abitano nel raggio di percorrenza di due ore in auto e analizziamo gli immobili presenti. La bellezza è comunque l’elemento fondamentale e l’Italia è piena di edifici storici, che valorizziamo grazie al nostro team di 50 professionisti tra architetti, ingegneri e designer”.
Non solo Italia, però. A New York, il gruppo ha aperto nel marzo di quest’anno occupando una location sull’isola di Governors Island, a sud di Manhattan, in una zona storica per la città con vista sui grattacieli e sulla Statua della Libertà. “Quello di Ny, duemila metri di parco e tre edifici vittoriani, è stato un investimento estremamente importante, una sfida”, dice Varni. “Ci siamo misurati con la difficoltà di fare sviluppo immobiliare in una città nuova. Ma alla fine abbiamo messo in campo il know-how maturato sotto il profilo progettuale, tecnico e gestionale, aggiudicandoci un bando pubblico”. E portando negli Usa quella ricetta di italian style che tanto ci invidiano. A due mesi dall’apertura, lo staff è già alla saturazione della capacita ricettiva.
L'espansione di Qc Terme
Da fine 2017, White Bridge Investments è entrato nel capitale della holding, contribuendo ad accelerare la strategia di internazionalizzazione di Qc Terme. A dicembre di quest’anno il gruppo aprirà un centro sul lago di Garda, e anche i progetti di espansione negli States non si fermano.
“Tra dieci anni, forse, Qc negli Stati Uniti sarà più grande che in Italia”, dice Varni. “La prospettiva è di arrivare quest’anno a una crescita del 10% rispetto al 2019. Nel 2023, considerate le nuove aperture, la previsione è di 140-150 milioni di euro, ovvero il 10% del comparto termale, che vale circa 1,5 miliardi”. Per dare nuovo slancio allo sviluppo in Italia, Qc ha, inoltre, stretto un accordo con Cassa depositi e prestiti e Bnp Paribas. “Una collaborazione nel settore real estate, che ci sosterrà dal punto di vista immobiliare nello sviluppo delle nostre infrastrutture sul territorio nazionale. In Francia invece stiamo valutando possibili location. Poi magari in Gran Bretagna, a Londra".
Nel 2021 intanto, anche un’altra insegna storica, quella delle terme Berzieri di Salsomaggiore, è entrata sotto l’ombrello di Qc Terme con un contratto dalla durata di 20 anni rinnovabili. “Siamo nella fase di progettazione, ma stimiamo di iniziare i lavori nel primo trimestre del 2023 e completarli nella seconda metà del 2024”.
La privacy è una cosa seria
A Qc Terme, il 95% delle persone ha un’età compresa tra i 18 e i 65 anni. “Il Covid ha modificato la fruizione, abbassando il target: 34-38 anni è la clientela classica delle terme e 44-46 quella degli alberghi”. In un certo senso, i Curzio hanno ribaltato i canoni del termalismo classico, storicamente popolato da pazienti sotto i 18 e sopra i 65 anni. “I giovani lo vedono come un lusso da regalarsi, un regalo da fare; gli anziani come una routine da seguire invece con regolarità”, spiegano i fratelli. “Anche noi, come gli anziani, frequentiamo le terme con regolarità. Apparteniamo alla seconda categoria”, scherzano.
E la privacy? Alle terme è una cosa seria. “Una volta ci chiamò il manager di un famoso giocatore di calcio: ‘Può venire domenica?’, chiese. ‘Si, ma preparati perché gli chiederanno di fare mille foto, lo abbiamo avvertito. Questo perché ci teniamo alla riservatezza dei nostri clienti, vip o non che siano, e la privacy è già un elemento di esclusività. Il nostro merito? Abbiamo democratizzato il settore. In passato c’era un termalismo fatto da tecnici che aveva perso il contatto con le persone: l’esclusività, a volte, può essere un elemento di discriminazione. Noi volevamo migliorare la qualità della vita delle persone, in modo inclusivo. Ecco perché le nostre terme sono aperte a tutti”.
L’articolo Ambasciatori di benessere: come la famiglia Quadrio Curzio ha trasformato le terme in un luogo per tutti è tratto da Forbes Italia.
ACER - BRANDVOICE / Paid program
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Innovazione tecnologica e tutela dell’ambiente. Un connubio imprescindibile quello al centro dell’ambiziosa strategia di Acer, azienda del settore It da sempre votata al green, che continua a rafforzare il proprio impegno sul fronte della sostenibilità. E lo fa nella sua accezione più ampia che include, in un ciclo virtuoso, pianeta, persone e prodotti. Un esempio concreto dell’impegno di Acer si riscontra nella linea di prodotti eco-sostenibili della gamma Vero: una famiglia completa di device realizzati con plastica riciclata (post-consumer recycled) da materiali di scarto provenienti da strutture domestiche, commerciali, industriali e pubbliche.
“L’equilibrio tra sostenibilità e performance rappresenta oggi la più grande sfida per Acer”, ha spiegato Tiziana Ena, product business unit head di Acer. “Abbiamo lavorato a lungo per implementare in modo innovativo e funzionale materiali ecologici senza sacrificare le performance dei dispositivi, lanciando dapprima Acer Aspire Vero, primo laptop eco-sostenibile, successivamente una gamma completa di dispositivi green: la famiglia Vero. Entro il 2025 Acer intende estendere l’utilizzo di Pcr ad altre linee di pc, continuando la ricerca di materiali sempre più ecologici”.
In linea con la propria strategia globale di sviluppo sostenibile, inoltre, a livello locale Acer collabora con Marevivo, onlus che si occupa della tutela del mare e dell’ambiente. In particolare, sostiene il progetto RePlant, che si pone l’obiettivo ripristinare la flora marina nei fondali dell’Aurisina (Ts), particolarmente compromessi da attività umane.
Acer ha deciso di perseguire il proprio impegno verso l’ambiente anche attraverso Earthion (earth + mission), una piattaforma che ospita tutte le azioni virtuose messe in campo dall’azienda e dai propri stakeholder. Un progetto ambizioso, in cui ogni persona coinvolta ha un ruolo attivo e concreto. Earthion è la naturale evoluzione di Project Humanity, iniziativa lanciata già nel 2017 dall’azienda e finalizzata a sensibilizzare i dipendenti sull’importanza della riduzione degli sprechi, del riutilizzo e del riciclo. Negli ultimi anni, grazie alla partecipazione attiva di oltre il 75% dei dipendenti Acer in 50 Paesi, sono state rigenerate oltre 50 tonnellate di batterie.
“Con la piattaforma Earthion Acer ha fatto un grosso passo avanti”, spiega Diego Cavallari, country manager di Acer Italia, “estendendo a partner e fornitori un’iniziativa ormai radicata all’interno della cultura aziendale. L’obiettivo, sfidante e ambizioso, è quello di unire le forze e generare un impatto ancora più forte”. Le azioni sono molteplici e interessano diversi fronti: dal design del prodotto e del packaging, in linea con i principi di riuso e riciclo, alla logistica e alla produzione, che dovranno ridurre al minimo l’impatto ambientale e lasciare la più piccola impronta di carbonio possibile. “Si pensi che solo nel 2020 gli imballaggi dei pc realizzati in carta riciclata hanno permesso un risparmio di 20 milioni di sacchetti di plastica”.
Un’altra ambiziosa sfida è rappresentata dall’adesione a RE100, un programma mondiale che riunisce oltre 100 aziende leader impegnate nella tutela dell’ambiente. L’obiettivo? Utilizzare il 100% di energia proveniente da fonti rinnovabili entro il 2035. Acer già nel 2012 si è imposta limiti più bassi nella produzione di carbonio e nel 2020 ha ridotto le emissioni del 60%, raggiungendo nello stesso anno il 44% di utilizzo di energia rinnovabile a livello globale.
Altrettanto importante è l’impegno di Acer nella gestione eco-sostenibile dei rifiuti associati ai prodotti elettronici. In Italia, grazie alla collaborazione con Erion, nel corso del 2021 Acer ha raccolto 1.427 tonnellate di rifiuti Raee domestici, e 16,2 tonnellate di rifiuti di pile e accumulatori, riciclando 1.293 tonnellate di materiali, risparmiando circa 2,9 milioni di kWh di energia ed evitando di immettere 2.310 tonnellate di CO2 equivalente nell’ambiente. Gli sforzi dell’azienda in termini di responsabilità d’impresa sono infine riconosciuti dai più importanti indici di sostenibilità globali: nel 2021 e 2022 Acer ha ottenuto una Silver class nella classifica S&P global sustainability yearbook delle aziende con il più alto punteggio esg. Acer è inoltre nella classifica Msci Esg Leaders per l'ottavo anno con rating "AAA” ed è entrata nel Dow Jones sustainability indices emerging markets index.
L’articolo Dal design al packaging, cosa sta facendo Acer in termini di sostenibilità è tratto da Forbes Italia.
Articolo tratto dal numero di novembre 2022 di Forbes Italia. Abbonati!
Una storia che inizia alla fine degli anni Novanta. La convinzione della fondatrice: “Inumeri sono sempre venuti dopo le persone”. Migliaia di progetti realizzati e uno sguardo sempre proiettato al futuro. È questo il racconto di Pqe Group, società di consulenza nel settore delle life science, nata dall’idea della sua fondatrice e presidente, Gilda D’Incerti.
A partire dalle conoscenze maturate nel settore, D’Incerti ha messo insieme un’azienda che accompagna l’industria farmaceutica nel percorso di assicurazione di qualità sui dati, a supporto della sicurezza ed
efficacia del prodotto per il paziente finale. Pqe Group oggi è una multinazionale con un portfolio di servizi completo.
Dalle grandi alle piccole e medie imprese, offre una combinazione di soluzioni per le società nel settore farmaceutico che vogliono ottenere uno standard qualitativo riconosciuto a livello internazionale. Lavora in 19 paesi, con quasi 1.800 dipendenti dislocati in 30 uffici nel mondo. Dalla sua nascita ha realizzato oltre 15mila progetti, con una crescita del 18% e un fatturato di oltre 52 milioni di euro nel 2021, nonostante le sfide affrontate durante la pandemia.
La startup Gqc
Pqe-Group-life-scienceCome questa società fornisce servizi e consulenze specializzate sul mercato della cannabis medica 7
Inserita dal Financial Times tra le mille aziende a più rapida crescita, ha il suo quartier generale nel cuore del Valdarno, tra Firenze e Arezzo. Oggi offre servizi di supporto alle società farmaceutiche per tutto il ciclo di vita del farmaco: dalla creazione della molecola alla sperimentazione clinica, dalla produzione alla distribuzione del farmaco autorizzato. Ma questa è la storia recente.
La nuova frontiera su cui cercherà di lavorare nei prossimi anni riguarda l’utilizzo di cannabis a scopo medico, attraverso la creazione di una nuova startup: Gqc, cioè Glocal Quality Cannabis. Il mercato in Italia non è ancora autosufficiente. Dal 2006 i medici italiani possono prescrivere preparazioni galeniche realizzate dal farmacista a partire dalle infiorescenze essiccate o macinate della pianta coltivata, da assumere sotto forma di decotto, come olio o per inalazione.
Tuttavia le farmacie faticano, perché le preparazioni necessitano di materia prima che nel nostro Paese è stata importata dall’estero fino al 2016 (oggi se ne producono in Italia, a scopo terapeutico, circa 200 chili: meno di un sesto della richiesta). Con il risultato che molti pazienti non riescono ad avere i farmaci di cui avrebbero bisogno. “In realtà anche queste stime sono sbagliate, se vogliamo scendere nel dettaglio, perché in Italia non c’è un reale tracciamento del fabbisogno”, precisa Andrea Ferrari, business development di Gqc.
Andrea Ferrari, business development di GqcCome questa società fornisce servizi e consulenze specializzate sul mercato della cannabis medica 8
Il problema del reperimento della materia prima
“Non esiste una raccolta dati e nemmeno un software, che proprio in questi mesi stiamo realizzando come Gqc e che andrebbe adottato su scala nazionale. Si pensa che la reale stima del fabbisogno interno sia intorno alle tre tonnellate e, secondo i pochi dati che abbiamo, la produzione in Italia si attesta sotto i 200 chili. Nel 2022 non si raggiungeranno nemmeno i 100, a fronte di una richiesta che sembra essere
di 1.200 chili, se stiamo al quel poco di tracciamento che abbiamo”.
Se anche si prende per buona la stima di 1.200 chili, il problema nel reperimento è evidente. “Novecento chili arrivano dall’Olanda, che ce li fornisce in forma di favore, non ci fa business e quindi non ha interesse ad aumentare la quota. Anzi, quando sta per raggiungerla, cala le esportazioni. Il resto dovrebbe arrivare dai bandi, con tutte le lentezze burocratiche che si incontrano quando si entra in questo campo”.
Al momento è in corso il quarto bando, da circa una tonnellata, che contribuirà a risolvere una buona parte del problema. “Occorre seguire anche la strada dei bandi per affidare la coltivazione nazionale ad aziende private. Il ministero ha pubblicato una manifestazione d’interesse in estate, ma qui, vista anche l’esperienza della Germania, i tempi sarebbero di almeno tre anni per costruire o adattare le strutture necessarie alla produzione di cannabis”.
La nuova frontiera dello sviluppo
Per quanto riguarda l’analisi del mercato interno, in Italia si predilige l’estratto in olio. “Il ministero della Salute, infatti, di recente ha aperto alle importazioni di estratti che consentono una maggiore standardizzazione dei componenti rispetto alle infiorescenze, che presentano una maggiore variabilità”, aggiunge Ferrari. “In sostanza, in Italia arriverebbe il prodotto già finito come olio, garantendo una maggiore continuità terapeutica”.
Alessio Torresi, vp operations di GqcCome questa società fornisce servizi e consulenze specializzate sul mercato della cannabis medica 9
E proprio sul futuro sta lavorando Alessio Torresi, vp operations di Gqc. “Il progetto di questa startup è iniziato un anno fa”, spiega. “Lavoriamo a una nuova frontiera dello sviluppo di questo settore. Si chiama Gqc e sta per Glocal Quality Cannabis: strategie globali per personalizzare i servizi a livello locale. Gqc è uno spinoff verticale e un’azienda federata di Pqe Group, in grado di fornire servizi e consulenze specializzate sul mercato della cannabis medica, grazie a un team che racchiude diverse figure: chimici, farmacisti, medici, biologi che curano tutta la filiera, dalla ricerca e sviluppo fino alla produzione e agli ospedali”.
Ogni Paese, sottolinea Torresi, ha il proprio approccio verso questo tipo di terapia. Ci sono culture e leggi differenti. E proprio in questo contesto si inserisce Gqc, che vuole “implementare a livello locale gli standard internazionali, dagli studi clinici alla produzione, per garantire sempre al paziente finale efficacia, sicurezza e qualità. Al momento stiamo supportando diverse realtà in Italia, in Europa, in America e in Israele”.
L’articolo Come questa società fornisce servizi e consulenze specializzate sul mercato della cannabis medica è tratto da Forbes Italia.
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