Al Cremlino i conti non tornano. Ora anche petrolio e gas fanno cilecca
Qualcuno a Mosca passerà un brutto quarto d’ora. Il 2023 della Russia non poteva cominciare peggio, dal momento che l’unica certezza dell’ex Urss, la vendita di petrolio e gas ai Paesi amici, a cominciare dalla Cina, sembra vacillare. E tra risparmiatori in fuga, banche tagliate fuori dai circuiti occidentali di pagamento, embargo europeo sul petrolio e progressivo sganciamento del Vecchio continente dalle forniture russe, per Mosca cominciano a essere guai seri.
La prova? Nei numeri diffusi dallo stesso ministero delle Finanze, certamente non una fonte ostile agli interessi del Cremlino. Il che rende l’attuale situazione decisamente più complessa. Ebbene, le entrate del governo russo nel settore del petrolio e del gas sono letteralmente crollate a gennaio, contribuendo al più grande deficit di bilancio per il primo mese dell’anno almeno dal 1998. Più nel dettaglio, le entrate fiscali da petrolio e gas sono diminuite del 46% a gennaio rispetto a un anno fa, mentre c’è stato un aumento del 59% della spesa a causa della guerra in Ucraina. La combinazione di questi fattori ha portato la Russia a registrare
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