Paolo Giordano: «Beati i primi»

Vanity Fair compie 20 anni. Vent'anni di incontri, di emozioni, di avventure e scoperte. Per questo straordinario anniversario ripubblicheremo dal nostro archivio, ogni giorno, alcuni pezzi indimenticabili. Oggi riproponiamo la prima intervista in assoluto di Paolo Giordano: era il 2008 e lui esordiva con La solitudine dei numeri primi

Nel libro si sfiorano temi come lanoressia, la difficoltà di accettare l’omosessualità, il bullismo, una certa incomunicabilità quasi autistica.
«Problemi che ci sono sempre stati: adesso i bulli finiscono su YouTube e sembra un fenomeno nuovo, ma non così“. Racconto di queste cose senza nessun intento sociale, non propongo soluzioni a lieto fine. A volte, anche solo specchiarsi nei disagi può bastare».

Il fatto che lei sia un fisico condiziona in qualche modo la sua scrittura?
«Credo che la mia formazione scientifica porti pulizia nel mio modo di scrivere. Non amo le sovrastrutture e non mi permetto di fare sfoggio della bella scrittura fine a se stessa, pratica che considero un inganno nei confronti del lettore. Per lo stesso motivo mi avvicino con una sorta di pudore a certe emozioni enormi che non posso comprendere fino in fondo, semplicemente perché non le ho vissute. Per raccontare il dramma della madre di Mattia e i suoi sentimenti ambivalenti nei confronti del figlio


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