Cambiamento climatico, gli States sono tornati (e si vede). L’analisi di D’Angelis
Scusate il ritardo, ma gli States sono tornati. Se Trump da spericolato negazionista dell’emergenza clima fece piazza pulita delle politiche industriali e climatiche green, mandando all’aria gli obiettivi di riduzione delle emissioni di anidride carbonica voluti e ratificati a Parigi da Barack Obama il 12 dicembre del 2015 innescando il pigro fallimento a catena di ogni successiva Conferenza delle parti dell’Onu, il vecchio Joe oggi rassicura un mondo che assiste alla sparizione in pochi anni di ghiacciai millenari, a sempre più prolungate ondate di calore con immensi roghi che devastano aree enormi, a siccità estreme, a fughe di disperati colpiti da inondazioni e carestie e al corredo di bancarotte finanziarie annunciate per risarcire e riparare.
Sapremo solo a fine Cop27 di Sharm El-Sheikh fino a che punto la politica è consapevole della fragilità, dei rischi ma anche delle opportunità della lotta climatica ormai abbracciata persino dai “lupi” di Wall Street. Ma intanto, nel caldo pomeriggio di ieri, dalle retrovie dei negoziatori che stanno limando anche le virgole del possibile accordo alle prime file dei 35.000 delegati che riempivano
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