Simona Izzo, con quel pizzico di pepe che non guasta
Brillante e poliedrica. Una carriera a tutto campo, accompagnata da un’impareggiabile verve capace di spaziare tra grande schermo, televisione e letteratura.
Attrice, doppiatrice, regista, sceneggiatrice, scrittrice, opinion leader. “Artista del cinema” è forse la definizione che più si addice a Simona Izzo, un torrente in piena straripante di emozioni. Con quel pizzico di pepe e di mistero, che non dovrebbe mai mancare.
Inossidabile il legame artistico con Ricky Tognazzi, col quale è sposata dal 1995. Mattatori del palcoscenico e autentici talenti made in Italy, rappresentano un importante spaccato della storia recente del nostro Paese. Insieme arricchiscono il parterre di stelle dell’XI edizione di Marefestival, dal 23 al 25 giugno nel comune di Malfa (ME).
A Salina si respira meraviglia, incanto, memoria. Suggestioni uniche nel loro genere.
«Le Eolie sono isole del cuore, luoghi fortemente evocativi. A Stromboli ho girato un film che s’intitola “Tutte le donne della mia vita” con Luca Zingaretti e Vanessa Incontrada. Un posto immortalato da Rossellini e la Bergman. Sono isole talmente belle che, non appena i registi le vedono, vogliono metterci subito la macchina da presa. Le ritengo una costellazione, delle splendide stelle in mare.»
Sul palco per ricevere il premio in ricordo di Troisi.
«Massimo l’ho conosciuto. Ho scritto per lui anche un film che avrebbe dovuto girare con Lina Wertmüller e che non si è più fatto. Conosco molto bene anche Mauro Berardi che era il suo manager e produttore, l’ex marito di Barbara D’Urso. Eravamo un gruppo di amici.»
Quelle come Massimo sono personalità eccezionali.
«Mi manca la velocità di reazione della sua drammaturgia, comica e disperata. Massimo era un uomo che ha sempre speculato sul suo dolore, e un cardiopatico, come lui, ha un atteggiamento diverso nei confronti della vita.»
L’infelicità, diceva Tolstoj, è un grande soggetto.
«Le persone felici non si mettono a scrivere canzoni. Perché la canzone diventa una preghiera verso qualcuno per dedicarle amore, ma soprattutto per cantare il proprio dolore. Il canto, così come l’opera d’arte, un film, un libro, nasce sempre da qualcosa che ti ha “commosso”. Non ho mai incontrato artisti così felici.»
La grande fatica non è scrivere, quanto piuttosto far capire agli altri che la tua idea è quella giusta.
«Trent’anni fa debuttavo già come regista e non c’è niente di più bello per un artista che capire di avere lo spazio per mettere in scena qualcosa che gli appartiene.»
I cassetti degli autori sono sempre pieni di storie da raccontare.
«Nel cassetto ho quindici soggetti e sceneggiature che non sono riuscita a mettere in scena. Durante le giornate di Marefestival verrà proiettato “Lasciami per sempre”. Lo ritengo uno dei miei film più compiuti, insieme a “Io no” che amo molto. L’ho girato tre anni fa con Max Gazzè e Barbora Bobulova, ma ha avuto poca fortuna. Il titolo potrebbe sembrare un ossimoro, ma chi ha alle spalle uno, due matrimoni, come nel mio caso, non può lasciare per sempre il padre di suo figlio.»
Ne La doppia estate le protagoniste sono due gemelle.
«Sono cresciuta con una gemella, infatti “La doppia estate” è un film dedicato a me e mia sorella Rossella. Fin dalla pre-nascita, non sono mai stata sola. È l’altro del dialogo quello che fa sì che tu ti possa esprimere.»
Vivida l’immagine di due bambine di nove anni, nel giardinetto di una casa borghese.
«Non accontentandosi di essere in due, creano un personaggio che si chiama Giangi, un amico immaginario (in realtà, l’ha creato Rossella per poter poi comandarmi). Era Rossella la leader della nostra gemellanza. Io ero molto brava a fare public relations, mentre invece lei agiva. Un altro ricordo, controverso, è quando mio padre e mia madre si stavano per separare, e io e Rossella ci dividevamo le bambole e i giocattoli. Poi, i miei fanno pace e noi rimettiamo tutte le bambole a posto. Continuiamo a giocare, ma con la consapevolezza di essere state fortunate.»
Più felice oggi che a trent’anni.
«Dopo aver sofferto tanto di depressione, adesso non ho più quel male dentro che non mi faceva vivere, creando problemi e sofferenze alle persone che mi volevano bene.»
Un successo, quello di Simona Izzo, fatto di affetti e gioie condivise.
«Ho cominciato a lavorare quando avevo cinque anni, “rinunciando all’ozio per scegliere il negozio”. Ho avuto una famiglia meravigliosa, con quattro sorelle, madre e padre stupendi. Erano tutti fisicamente bellissimi, ed è già un vantaggio. Altro elemento fondamentale è sicuramente l’aver incontrato a trentatré anni Ricky che ha dato continuità anche al mio sistema nervoso, ritrovando con lui, sì il movimento dei sensi ma anche la pace affettiva. Infine, ho una mamma che ha novantadue anni e, di certo, un bellissimo traguardo sarebbe quello di riuscire a vederla centenaria.»