
Quando l’esperienza mistica diventa troppo per essere utile: cosa succede davvero durante i ritiri con ayahuasca
Non è l’intensità dell’esperienza vissuta a determinare quanto un viaggio psichedelico con l’ayahuasca possa farci bene, ma quanto quella esperienza sia assimilabile, sostenibile e integrabile nella propria visione del mondo. A sostenerlo è uno studio pubblicato sul Journal of Psychoactive Drugs, che ha analizzato i vissuti di persone che hanno partecipato a ritiri con ayahuasca...
Non è l’intensità dell’esperienza vissuta a determinare quanto un viaggio psichedelico con l’ayahuasca possa farci bene, ma quanto quella esperienza sia assimilabile, sostenibile e integrabile nella propria visione del mondo. A sostenerlo è uno studio pubblicato sul Journal of Psychoactive Drugs, che ha analizzato i vissuti di persone che hanno partecipato a ritiri con ayahuasca in Paesi dove il suo uso è legale e regolamentato.
I ricercatori hanno invece osservato che, quando l’awe – ovvero quello stato di stupore reverenziale e senso di vastità – diventa troppo intensa, può risultare destabilizzante, rendendo più difficile integrare l’esperienza e riducendone l’effetto positivo.
Lo studio ha coinvolto partecipanti che avevano preso parte a ritiri legali con ayahuasca, organizzati in contesti regolamentati in Paesi dove la sostanza è ammessa per scopi rituali e terapeutici. L’obiettivo dei ricercatori era capire quale fosse il legame tra l’awe percepita durante l’esperienza mistica e il benessere psicologico riportato successivamente.
L’ayahuasca, bevanda tradizionale delle popolazioni indigene dell’Amazzonia, si ottiene dall’unione della liana Banisteriopsis caapi con le foglie di Psychotria viridis, che contengono DMT, una sostanza psichedelica naturale e molto
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