Phisikk du role – Renzi, il Mostro 2. La vendetta
I toscani hanno uno stile, c’è poco da fare, che porta inciso nel Dna il senso della battuta fulminante, della cartavetrata, del grottesco che cela il drammatico. E del “sentirsi a proprio agio” anche in contesti che per altri risulterebbero rovesciati rispetto a ciò che noi tutti chiameremmo vantaggio. Vogliamo parlare della prosa urticante di […]
I toscani hanno uno stile, c’è poco da fare, che porta inciso nel Dna il senso della battuta fulminante, della cartavetrata, del grottesco che cela il drammatico. E del “sentirsi a proprio agio” anche in contesti che per altri risulterebbero rovesciati rispetto a ciò che noi tutti chiameremmo vantaggio. Vogliamo parlare della prosa urticante di Montanelli e Malaparte? E che dire del gusto dissacrante del grande politologo Sartori, l’inventore del latinorum delle leggi elettorali farlocche, o della comicità finto-ingenua ma condita col vetriolo di Panariello e quella straniata e pierrottesca di Benigni?
Benigni, per esempio, nel ’94 fece incassi stupefacenti con un film, “Il mostro”, che giocava sul ricordo recente del “mostro di Firenze”: solo una manciata di anni prima aveva imperversato nelle cronache nere nazionali un serial killer (forse uno, forse anche di più, non si saprà mai) che i media avevano battezzato così, strizzando l’occhio alla letteratura di genere americana.
Se Matteo Renzi scrive un libro autobiografico e lo chiama “Il Mostro”, allora si esprime con titoli, parole e concetti che celebrano innanzitutto la sua
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