Partito democratico, aspettando la rivoluzione
D’altronde non si può neppure ragionare pensando che la sinistra in Italia debba governare in eterno: l’alternanza si chiama, banalmente, democrazia. Lo dico perché uno degli aspetti più curiosi del dibattito in corso sul futuro del Pd si svolge spesso con toni di sorpresa, quasi di sgomento, di fronte al fatto che nell’anno del Signore 2022 un coalizione di destra-centro vince le elezioni in Italia portando, per di più, una donna a capo dell’esecutivo.
Se partiamo da qui, dalla normalità di una sconfitta, forse si riesce a inquadrare meglio quanto sta accadendo, magari con qualche possibilità di intuire cosa potrà succedere in futuro. Allora diciamolo con franchezza, la sinistra italiana si è nutrita per quindici anni e più (1994-2011) di un elemento “costituente”, quasi unica ragione di esistere (o quantomeno quasi unica ragione di stare insieme, ad esempio tra ex comunisti e ex democristiani, ma anche ex socialisti): essere all’opposizione di Silvio Berlusconi.
Un’opposizione “antropologica” ancor prima che politica, giocata su gusti, stile di vita, linguaggio, gestualità, insomma costruita giorno dopo giorno per dire “si può essere diversi dal Cavaliere”.
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