Per non dimenticare “OLOCUSTO e SHOAH”

Cos’è la Shoah?

Per definire il genocidio degli ebrei vengono utilizzati due termini: Olocausto e Shoah.

Il termine Olocausto, scelto per l’immediato richiamo all’incenerimento dei corpi nei forni crematori, porta però con sé l’idea di sacrificio e di offerta alla divinità e restituisce un messaggio fuorviante e potenzialmente offensivo nei confronti delle vittime.

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La maggior parte degli studiosi, quindi, considera più appropriato la parola Shoah, derivante dalla lingua ebraica e utilizzata nella Bibbia con il significato di catastrofe, disastro e distruzione.

La Shoah, infatti, si inserisce all’interno di una storia di antisemitismo di lungo corso, basata su pregiudizi e ostilità millenarie che si sono tramandati nel corso del tempo.

 Un terreno antico e già fertile, quindi, a cui il nazismo ha aggiunto una sua impostazione biologico-razzista. Secondo le leggi di Norimberga, infatti, venivano considerati ebrei o di sangue misto tutti coloro che avevano almeno un nonno ebreo, indipendentemente dal fatto che si considerassero ebrei o che si fossero convertiti ad altre religioni.

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Non bisogna dimenticare che nell’obiettivo di una totale purificazione razziale rientrava (secondo l’ideologia nazista) anche l’eliminazione di Rom, Sinti, omosessuali, testimoni di Geova, che furono infatti deportati nei campi di concentramento e sterminio.

27 Gennaio Giorno della Memoria

Si è stabilito di celebrare il Giorno della Memoria ogni 27 gennaio perché in quel giorno del 1945 le truppe dell’Armata Rossa, impegnate nella offensiva Vistola-Oder in direzione della Germania, liberarono il campo di concentramento di Auschwitz.

Fatta questa premessa, viene da chiederci: ma anche in Italia c’erano forni crematori come ad Auschwitz? Sì, purtroppo esistevano, anzi, esisteva anche da noi, esattamente nella risiera di San Sabba.

Questo è stato un lager nazista, situato nella città di Trieste, utilizzato come campo di detenzione di polizia (Polizeihaftlager), nonché per il transito o l’uccisione di un gran numero di detenuti, in prevalenza prigionieri politici o ebrei. Nel lager c’era un forno crematorio, seppure rudimentale che veniva utilizzato per bruciare i cadaveri.

Oggi la risiera è divenuta un museo. Nel 1965 è stata dichiarata monumento nazionale.

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Coloro che venivano arrestati, però, non erano portati immediatamente nei lager, ma la prima sosta avveniva a Fossoli, lì si decidevano le sorti di questi poveri disgraziati.

Anche a Viterbo ci sono state famiglie deportate. Era il due dicembre del 1943, quando le famiglie Anticoli, Di porto, Veroli, tutte imparentate tra di loro, furono arrestati e portati nelle carceri Santa Maria in Gradi, di Viterbo.

 Da qui, spostati a Fossoli, per poi essere deportati ad Auschwitz. Non fecero più ritorno a casa. L’8 gennaio 2015 come ormai tutti sanno, furono messe tre pietre d’inciampo davanti il loro portone di casa, in via della Pace, molto vicino a Porta della Verità.

 La triste descrizione di queste famiglie, l’abbiamo già raccontata, in un altro articolo, ma per chi non la ricordasse e/o volesse sapere, la potremmo ripetere a breve.

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Ma ciò che è basilare ricordare, è la crudeltà di questi genocidi. Non dobbiamo dimenticare mai! Chiediamoci perché voler distruggere persone per il solo fatto che, sono diverse da noi?! Nessuno è migliore dell’altro, e come ha detto Papa Francesco, troviamo la necessità di uscire da noi stessi, preoccupiamoci per le necessità degli altri e dare la nostra testimonianza cristiana nel mondo.

In questo giorno tutti siamo chiamati a ripensare a una simile strage di proporzioni epocali, affinché non vengano mai più scritte pagine di storia come questa.

Rosanna De Marchi

rosanna liberazione

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