Manichino di Giorgia Meloni, la delirante rivendicazione dei collettivi. Ci fanno o ci sono?
Non è servita la condanna unanime a far riflettere i collettivi universitari di Bologna, il Cua, che nel corso della loro manifestazione hanno appeso a testa in giù un manichino con le fattezze di Giorgia Meloni. All’indomani di quel gesto, la cui violenza è stata stigmatizzata da tutte le forze politiche, il laboratorio transfemminista Cybilla, che del Cua fa parte e se lo è intestato, continua a rivendicarlo. «Un gesto simbolico che rivendichiamo. Un modo per esprimere un bisogno e una necessità, un modo per autodeterminarsi», ha detto Isabella G. militante del Cybilla, spiegando che per il clamore suscitato «siamo stupiti, ma neanche tanto» e confermando la volontà di “dare il benvenuto” al premier, quando il 24 novembre sarà in città.
I collettivi rivendicano il manichino di Meloni a testa in giù
«Ci dispiace che tutti parlino del manichino e non dei temi che ci stanno a cuore: il diritto alla casa, il reddito, la violenza femminicida, i migranti, il carovita», ha aggiunto in un’intervista a La Stampa, dando prova di una totale impermeabilità di quelle del “laboratorio” agli input e alle riflessioni del mondo esterno alla loro bolla. Nulla di quello che è stato detto a proposito del manichino, del perché si sia trattato di un gesto inqualificabile e di intrinseca violenza, sembra essere arrivato alle orecchie di queste transfemministe e della loro galassia. Il problema sono sempre gli altri, come dimostra il comunicato a caldo in cui si sottolineava che «noi indichiamo la luna e voi guardate il dito».
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