Mangiasogni: «Se vai dal dentista nessuno ti dice niente. Se invece vai dallo psicologo, ancora oggi si storce il naso»

Con i suoi disegni mostra il malessere e lo stigma che persiste nei confronti della salute mentale. A tu per tu con l'artista racconta-storie che piace a Unicef e che su Instagram, grazie alle sue illustrazioni, sta dando voce alle fragilità e al disagio che vivono le nuove generazioni

A proposito di paure divoranti, come sono rappresentate nelle illustrazioni?

«Nella collaborazione con Unicef, ho disegnato un groviglio di tentacoli a forma di mani, con dita puntate che indicano (ma alla fine le mani si aprono e accolgono). In questo caso si tratta della rappresentazione dello stigma, cioè le dita sono i giudizi puntati addosso che fanno sentire sbagliati, incompresi, anche perché si innesca questa dinamica per cui, siccome oggettivamente al mondo ci sono persone che stanno molto peggio di noi, ci si sente anche delegittimati a manifestare la propria sofferenza e il proprio disagio: non sto scappando dalle bombe, quindi non ho diritto a stare male. Queste dita incolpano anche l’ammettere di aver bisogno di un percorso di cura. Ci si sente giudicati negativamente, quindi additati, anche perché spesso che la sofferenza mentale viene delegittimata, minimizzata. Quando poi voglio rappresentare invece quelle voci negative che abbiamo al nostro interno, lì interviene la creatura che è un mio personaggio ricorrente: una


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