
Le sfide dei movimenti giovanili in Europa, il politologo Mény: «Spesso poco strutturati, ma hanno sostituito i partiti» – L’intervista
Le proteste per il «diritto al futuro» si sono diffuse su tutto il territorio europeo. Ma qual è il loro stato di salute? In quali Paesi c'è maggiore fermento? L'indagine di Open che racconterà i movimenti giovanili in Europa inizia con una conversazione con il politologo francese
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Negli ultimi anni le lotte non-violente per il «diritto al futuro» dei giovani si sono diffuse a macchia d’olio su tutto il territorio d’Europa. Chi si sente minacciato dal cambiamento climatico e pensa che i governi non facciano abbastanza scende in strada. Chi crede che i diritti civili, umani, quelli delle minoranze, il diritto all’istruzione siano stati vìolati si mobilita. Chi pretende un futuro più equo, giusto e pure di pace riempie le piazze. Sono diversi i movimenti giovanili di protesta emersi: qualcuno si è spento, altri sono ancora attivi. E tutti svolgono un ruolo di primo piano nel determinare lo stato di salute di una democrazia. «I governi dovrebbero cambiare l’approccio nei loro confronti: non considerarli più soltanto come
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