Le Ong non ci vogliono stare, ribelli al decreto, ripartono alle loro regole: “Non rispetteremo i limiti”
Ammantati del pannicello caldo della missione umanitaria, le Ong non ci vogliono stare e annunciano battaglia al decreto del governo che ne ridimensiona operazioni e scelte arbitrarie. Non ci sono mai volute stare: continuando a scorrazzare avanti e indietro per il Mediterraneo, decise a fare da taxi di mare agli esuli finiti nelle mani di spregiudicati trafficanti. Determinate, stante il silenzio assenso degli Stati membri –le cui bandiere sventolano col vento in poppa – a fare incessantemente rotta sull’Italia. L’obiettivo, taciuto ma implicito anche quello: trasformare il Belpaese nel campo profughi d’Europa.
Le Ong non ci vogliono stare: e sfidano il governo sul decreto sicurezza
Ebbene, il governo di centrodestra ha deciso di mettere un argine a tale e tanta deriva e con un decreto mirato a ridimensionare lo strapotere con cui le Ong gestiscono flussi, rotte, soccorsi e sbarchi, scegliendosi finanche il porto di approdo, l’esecutivo sforna un decreto che riformula le possibilità di cui hanno goduto finora per le loro discutibili attività in mare. E che, soprattutto, rimodula il primo punto all’ordine del giorno nei loro diari di bordo: considerarsi al di sopra della legge. Un principio arbitrario a dir poco, che oggi le Ong tornano a rivendicare con proclami bellicosi e invocazioni rivolte ai loro stessi Paesi.
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E così, come illustra Il Giornale in un esaustivo riassunto dello stato dell’arte e sulle reazioni indispettite delle organizzazioni umanitarie, «i tedeschi di Sea Eye invocano addirittura l’intervento della Germania. Medici senza frontiere annuncia la ripartenza della loro nave spiegando che rispondono solo alle convenzioni internazionali. Emergency, con la nave che batte bandiera panamense, si rifiuta di raccogliere le richieste di asilo dei migranti recuperati. Geo
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