L’agghiacciante pratica degli “zoo umani” dove le persone ritenute “primitive” venivano messe in mostra in gabbie e recinti

Gli “zoo umani” rappresentano una delle pratiche più disumanizzanti della storia occidentale, nate nel contesto del colonialismo e alimentate dalla pseudo-scienza razzista dell’epoca. Tra il XIX e il XX secolo, migliaia di persone provenienti da Africa, Asia, Americhe e Oceania venivano esibite in gabbie o in ricostruzioni dei loro villaggi “primitivi”, come se fossero animali...

Gli “zoo umani” sono nati durante il colonialismo e hanno proliferato in Italia nel fascismo: le persone provenienti da Africa, Asia, Americhe e Oceania venivano esibite in gabbie e recinti e messe in mostra

@Adolfo Kwasny/Wikipedia

Gli “zoo umani” rappresentano una delle pratiche più disumanizzanti della storia occidentale, nate nel contesto del colonialismo e alimentate dalla pseudo-scienza razzista dell’epoca. Tra il XIX e il XX secolo, migliaia di persone provenienti da Africa, Asia, Americhe e Oceania venivano esibite in gabbie o in ricostruzioni dei loro villaggi “primitivi”, come se fossero animali o curiosità etnologiche.

Lo scopo principale era rafforzare l’idea della superiorità delle civiltà europee e giustificare la dominazione coloniale. Presentati come esempi di “popolazioni primitive” o “naturali”, questi esseri umani venivano spesso messi in mostra in condizioni degradanti, rinchiusi in recinti che simulavano ambienti tradizionali.

Uno dei casi più noti è quello di Saartjie Baartman, conosciuta come la “Venere ottentotta”, una donna sudafricana esibita in Europa nei primi dell’Ottocento a causa della sua particolare conformazione fisica.

Dopo la sua morte, il suo corpo venne sezionato


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