Il sistema pensionistico italiano è sostenibile. Ma basta deroghe e spese extra
Una voce fuori dal coro, un’analisi in controtendenza rispetto al quadro negativo e a tratti nefasto degli ultimi giorni. Il sistema pensionistico italiano regge, è sostenibile, può certo migliorare ma è quasi in equilibrio. C’è un però: spende troppo e vede troppe deroghe che lo mettono troppo a rischio.
A parlare così è il rapporto “Il Bilancio del Sistema Previdenziale Italiano”, curato dal Centro Studi e Ricerche di Itinerari Previdenziali. Al suo interno si trovano dati interessanti: aumentano i pensionati (16,099 milioni nel 2021 e 16,131 milioni nel 2022) ma aumenta anche il tasso di occupazione (che due anni fa ha registrato il record del 60%, uno tra i più bassi in Europa ma comunque un buon risultato per l’Italia). A questi due dati si accompagna il terzo, loro logica conseguenza, ovvero il rapporto tra occupati e pensionati, che risale a quota 1,4443. La soglia della semi sicurezza, dicono gli esperti, è fissata all’1,5, ma la fotografia che si può scattare è quella di un paese che regge. A un patto: bisogna fare scelte oculate tanto a livello istituzionale che a livello personale.
Per questo sono importanti anche le forme di previdenza complementare e alternativa che si stanno sviluppando negli ultimi tempi, una garanzia in più per i cittadini e per le famiglie. In questo senso sono da leggere i fondi pensione, ovvero uno strumento finanziario che offre agli investitori la possibilità di accumulare risorse per sostenere gli anni della vecchiaia. Come funzionano? Si basano sul principio della capitalizzazione: i contributi vengono investiti in vari strumenti finanziari, con l’obiettivo di ottenere un rendimento sicuro nel tempo e andare così a creare una rendita complementare alla pensione base che sarà erogata dall’INPS e che rischia di essere particolarmente bassa.
Se questa è la via personale per aiutare il sistema pensionistico italiano, quella politica guarda soprattutto al rispetto della normativa vigente. Alberto Brambilla, presidente di Itinerari Previdenziali, spiega infatti che l’aumento del numero dei pensionati nel 2022 sia conseguenza delle continue deroghe e vie d’uscita proposte alla Legge Fornero. “Volendo trarre qualche prima conclusione a oggi il sistema è sostenibile e lo sarà anche tra 10 15 anni – spiega Brambilla – quando la maggior parte dei baby boomer nati dal Dopoguerra al 1980 si saranno pensionati. Ma si deve mantenere equilibrio”. Si deve, secondo gli esperti, soprattutto aumentare l’età di pensionamento, oggi ferma a 63 anni, tra le più basse d’Europa, evitando il ricorso a eccessive anticipazioni e investendo sull’invecchiamento attivo dei lavoratori, ovvero favorire un’adeguata permanenza sul lavoro alle fasce più anziane, sempre nel rispetto della persona, della salute e del benessere. Un aspetto che troppo spesso viene dimenticato, tra i meri calcoli economici e finanziari.