Il senso degli influencer per la neve
Suscita una tenerezza profonda, mista a un senso di disagio, chi non appena cade la prima neve, periodo che di solito per noi baüscia coincide col ponte di Sant’Ambrogio, sente questo bisogno, evidentemente incontrollabile, di geolocalizzarsi pubblicamente nei luoghi del jet-set montanaro. Questi che si precipitano negli hotel di lusso dei luoghi della mondanità alpina per consumare un qualcosa di instagrammabile, accompagnato da qualche hashtag tipo #cortina o #sanktmoritz per altro ridondante, visto che l’indicazione di dove si trovino viene già puntualmente inserita in cima alle immagini postate. C’è un qualcosa di inquietante e di profondamente misero in tutta questa corsa all’ostentazione sempre così affamata, sfacciata, su cui dovremmo davvero fermarci a riflettere.
Il fenomeno – sempre esistito probabilmente, ma con una eco inferiore grazie all’assenza di internet con tutte le sue declinazioni di aggregazione digitale – è indubbiamente amplificato e reso ancora più stucchevole dall’uso smanierato di questi social network che, pure meritevoli per tanti versi di tenere vicine la persone lontane, creare condivisioni altrimenti impossibili, opportunità per giovani brand, idee, nuova informazione eccetera eccetera, amplificano l’umana sfiga che porta
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