Il Censis fotografa un’Italia «passiva» e «impaurita» che rifiuta demagoghi e influencer

Malinconici, spaventati dagli eventi globali che possono da un momento all’altro compromettere presente e futuro, sempre meno disposti a seguire le sirene degli influencer e del lusso ma anzi indignati dallo sfoggio di denaro e dalle diseguaglianze economiche ostentate nella vita e sui social. È il ritratto degli italiani che emerge dal 56° Rapporto Censis, […] L'articolo Il Censis fotografa un’Italia «passiva» e «impaurita» che rifiuta demagoghi e influencer sembra essere il primo su Secolo d'Italia.

Malinconici, spaventati dagli eventi globali che possono da un momento all’altro compromettere presente e futuro, sempre meno disposti a seguire le sirene degli influencer e del lusso ma anzi indignati dallo sfoggio di denaro e dalle diseguaglianze economiche ostentate nella vita e sui social. È il ritratto degli italiani che emerge dal 56° Rapporto Censis, quello che fotografa un Paese «entrato nel ciclo del post-populismo». Sullo sfondo il primato europeo dei Neet, le aule scolastiche sempre più vuote a causa della contrazione demografica e la sanità che dovrà affrontare una carenza di personale. Il report arriva a valle di una drammatica sequenza di eventi di portata mondiale: il Covid, la guerra in Ucraina, l’inflazione in crescita e la crisi energetica.

Presentato il 56° Rapporto Censis

Un poker micidiale che va a sommarsi alle vulnerabilità preesistenti e che determina negli italiani «una rinnovata domanda di prospettive certe di benessere» ma anche «istanze di equità non più liquidabili come aspettative irrealistiche fomentate da qualche leader politico demagogico». Post-populismo, dunque. E d’altronde il 92,7 per cento degli italiani è ben convinto che la corsa dei prezzi durerà a lungo. Il 76,4 per cento pensa che le entrate familiari nel prossimo anno non aumenteranno, mentre quasi il 70 pensa anzi che il proprio tenore di vita peggiorerà. Diventano quindi «socialmente insopportabili» le forbici economiche. Il Censis le elenca: il gap tra i salari dei manager e quelli dei dipendenti (odioso per l’87,8 per cento), le buonuscite milionarie dei top (86,6) ma anche gli eccessi, i jet privati e le auto costose. L’81,5 per cento non tollera gli «immeritati guadagni» degli influencer, personaggi «senza competenze certe».

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