Ha aperto Corona Island, paradiso della sostenibilità o un’operazione di branding (e greenwashing) per ricchi?

Corona Island del marchio di birre Corona sembra un sogno tropicale tra lusso e sostenibilità, ma cosa c’è davvero dietro? Greenwashing e marketing la fanno da padrona

@Corona/YouTube

Nel cuore del Mar dei Caraibi, al largo della Colombia, ha aperto i battenti Corona Island, un progetto ambizioso firmato dal celebre marchio di birra Corona. Presentata al mondo come un’oasi di ecoturismo, l’isola è ora ufficialmente aperta al pubblico, offrendo un’esperienza esclusiva a contatto con la natura, all’insegna del rispetto ambientale.

Corona Island si propone come prima destinazione turistica al mondo certificata “plastic free” da Oceanic Global, ottenendo il prestigioso sigillo Blue Verified. Sull’isola, l’utilizzo di plastica monouso è totalmente bandito, i bungalow sono realizzati con materiali locali, e fino al 70% del fabbisogno energetico è coperto da pannelli solari. Un modello virtuoso che, almeno sulla carta, rappresenta un esempio di turismo sostenibile.

L’isola ospita solo 10 bungalow premium, garantendo un’offerta esclusiva e riservata a un massimo di 20 visitatori per volta. L’esperienza include attività rigeneranti come yoga, meditazione, kayak, osservazione delle stelle e menù firmati dallo chef

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