Esterno Notte racconta il caso Moro e debutta nelle serie tv sfruttandone il linguaggio: la recensione
Non ripetersi, pur ripetendo un racconto già affrontato sul grande schermo qualche anno fa. La sfida che Marco Bellocchio ha deciso di raccogliere con Esterno Notte può dirsi vinta, sia sul fronte interpretativo che narrativo. Quella che può tranquillamente definirsi “serie evento” (anche per la sua insolita collocazione nel palinsesto di Raiuno: tre prime serate in una sola settimana) supera ogni rischio di reiterazione di quanto già raccontato dal regista in “Buongiorno notte” facendo un sapiente uso del linguaggio proprio del mondo delle serie tv.
Esterno Notte, la recensione
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Esterno Notte non è infatti “solo” la storia del rapimento di Aldo Moro. È, piuttosto, un affresco psicologico ed umano di tutti coloro che, sotto vari aspetti, sono rimasti coinvolti in uno dei casi di cronaca più eclatanti del nostro Paese.
Da qui, l’idea di Bellocchio di decostruire la trama, affrontando ognuno di questi personaggi uno per volta, ciascuno con un proprio episodio dedicato. Dopo la partenza con un ruolo introduttivo -ovvero l’antefatto, con il rapimento stesso- la serie sposta l’attenzione. Conosciamo quei terribili giorni tramite gli occhi non del diretto interessato, ma
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