Damilano condannato per diffamazione, difendere i bianchi non è un reato
Roma, 6 ott – Le ultime settimane non sono state favorevoli per Marco Damilano, ex direttore de L’Espresso che, nel marzo del 2022, ha trovato un porto sicuro e redditizio all’interno della tv pubblica: 200mila euro per dieci mesi di messa in onda della sua striscia quotidiana di dieci minuti su Rai 3. Lo scorso 21 settembre, è stato sanzionato dall’Agcom, l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, perché ha violato i principi di correttezza e imparzialità sanciti dalle disposizioni in materia di par condicio, durante la puntata del 19 settembre, pochi giorni prima del voto, quando aveva ospitato Bernard-Henri Lévy. Il filosofo francese aveva attaccato Giorgia Meloni e Matteo Salvini senza un contraddittorio. L’Agcom aveva ordinato alla Rai di trasmettere, in apertura della prima puntata utile del programma, un messaggio in cui Damilano comunicava che, nella puntata del 19 settembre, non erano stati rispettati i principi di pluralismo, obiettività, completezza, correttezza e lealtà.
Il risultato delle elezioni politiche del 25 settembre non ha certamente risollevato il morale di Marco Damilano, dopo il mea culpa pubblico in diretta su Rai 3. Si dice che non ci sia il due senza il tre. Il 4 ottobre, l’ex direttore de L’Espresso è stato condannato per diffamazione aggravata.
Damilano condannato a risarcire l’avvocato Emanuele Fusi
L’avvocato Emanuele Fusi, autore del libro “White guilt, il razzismo contro i bianchi al tempo della società multietnica” edito da Passaggio al Bosco, aveva proposto un’azione legale di risarcimento nei confronti di Marco Damilano perché, come direttore de L’Espresso, aveva pubblicato un articolo, con contenuti diffamatori, intitolato “Eversione e confusione – Potere Rossobruno”. Nella sentenza, si legge: “Dopo aver chiarito che il ramo destro dell’ideologia accelerazionista celebre l’iper-razzismo, l’eugenetica e l’illuminismo oscuro e