Dal Covid al clima impazzito. Chiamarli negazionisti è un boomerang
“Negazionismo” non è una bella parola e rischia di produrre quando usata impropriamente delle conseguenze esattamente contrarie a quelle sperate: la presa d’atto di una realtà – a nostro avviso incontrovertibile – che l’interlocutore non riesce, o forse strumentalmente non vuole, vedere.
Storicamente legata a genocidi e crimini contro l’umanità è stata usata durante la pandemia per etichettare – ghettizzandoli e producendo in loro un sentimento identitario ancor più vivo e forte – tutti coloro che non volevano riconoscere la portata del Covid19 e che avevano per la sua gestione delle proposte meno draconiane (o nessuna proposta) di quelle dei competitor che incarnavano così il ruolo dei “responsabili”.
Tanti non credono ai guai dell’Ambiente. Farci polemica gli dà solo più forza
Se è vero che la comunicazione procede molte volte per polarizzazioni di posizioni che tra di loro dialetticamente si contrappongono (senza però mai trovare una sintesi!) è altrettanto vero che la politica non può procedere a colpi di ideologia e che un problema complesso richiede un’analisi articolata – non una banale semplificazione – e risposte concrete che possano, se
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