“Colpevole di essere di destra”: l’autogol della Fornero è solo la conferma delle doti della Meloni
Dunque, per la professoressa Elsa Fornero essere dì destra è una colpa. Sì, proprio una colpa. Un difetto del libero arbitrio, una contrapposizione dell’uomo rispetto al divino che ha una sua assunzione di responsabilità nella epigenesi del conservatorismo. A pensarci bene la signora Fornero non ha detto un’eresia assoluta. Nel Novecento che ha segnato la storia, l’Italia ha conosciuto il fascismo, il partito comunista più forte d’Europa, un partito socialista saldo e non tiepidamente riformista, una DC segnata dal clericalismo e una dottrina sociale della Chiesa dì altissimo profilo. Nulla salus extra ecclesiam. Non poteva esserci spazio, nella concezione astrale della sintesi di queste correnti, per un pensiero di destra. C’era il Msi prima, poi c’è stata Alleanza Nazionale ma per la genia degli accademici italiani quel mondo dì destra, che Pino Rauti definiva premessa culturale, era una sfinge mai disvelata.
Confrontarsi oggi con un premier che ha cultura politica disorienta, annichilisce la contrarietà e assume una sembianza di arrendevolezza per gli avversari. Ed ecco comparire la colpa. Presa in se questa parola non sì addice a una studiosa delle scienze politiche ma in fondo il circuito del meccanismo della non conoscenza di un mondo variegato di idee e di identità non può che scivolare nella fatwa. Fornero esprime quel controcanto frutto di ottant’anni dì obliò pregiudiziale nei confronti della destra. Perché, nella discussione iniziata ll 1945 e mai completata, tutto ciò che esulava dagli schemi dell’ortodossia triangolare fra marxismo, cattolicesimo confessionale e socialismo era materiale dì resulta. Lo scrisse Prezzolini, da Lugano, poco prima di morire, che il destino dei conservatori italiani, fossero più o meno socializzati, era quello della non comprensione. E lo ribadì in maniera straordinaria Giuseppe Berto, forse il più grande romanziere del secolo trascorso insieme
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