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“FORMIDABILE BOCCIONI” – Sbarca su ITsART il documentario sul visionario artista futurista

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Centoquarant’anni fa, il 19 ottobre 1882, nasceva in Italia Umberto Boccioni. Artista geniale, inquieto, primo attore del Futurismo, dedicò la sua vita ad inventare un nuovo linguaggio contemporaneo per esprimere la modernità in pittura e in scultura. In questa occasione dal 19 ottobre 2022 sarà disponibile in esclusiva su ITsART il documentario inedito dal titolo FORMIDABILE BOCCIONI di Eleonora Zamparutti e Piero Muscarà con la regia di Franco Rado, un’opera prodotta da ARTE.it Originals in collaborazione con ITsART e Rai Cultura. Scrittore, giornalista, illustratore, Umberto Boccioni diventa infine pittore seguendo un percorso non convenzionale. Era figlio del suo tempo, un’Italia scossa dalla Rivoluzione Industriale e dalle grandi scoperte scientifiche, destinata a diventare epicentro della Grande Guerra. La vita di Boccioni cambia il 21 febbraio 1910 quando conosce a Milano il poeta Filippo Tommaso Marinetti, fondatore del Futurismo. L’artista abbraccia la rivoluzione di Marinetti, traducendo la poesia in arte e dando un apporto fondamentale alla più importante Avanguardia artistica del primo Novecento in Europa, il Futurismo. In pittura realizza opere come La città che sale e La risata, che espone in una mostra a Parigi alla Galerie Bernheim-Jeune scontrandosi con Picasso e i Cubisti e destando scandalo in tutta Europa. In scultura Boccioni sfida secoli di immobilità, liberando una volta per tutte quest’arte dalle forme chiuse, dalla bellezza classica. Il suo grande capolavoro, Forme uniche della continuità nello spazio, emblema del dinamismo impresso dalla nuova cultura futurista, è divenuto un’icona universale, riprodotta in milioni di esemplari sulle monete da 20 centesimi di Euro. Per paradosso della sorte la sua morte giunge inaspettata, per caso, nell’agosto del 1916, in una pausa dal fronte dove si era arruolato volontario. Lui, il modernissimo, disarcionato dal cavallo spaventato dal passaggio di un treno. Dopo la sua morte, a 34 anni non ancora compiuti, le sculture di Umberto Boccioni vengono distrutte, fatte a pezzi da un anonimo artista "passatista". Quelle che ammiriamo nei più importanti musei del mondo sono delle riproduzioni in bronzo. FORMIDABILE BOCCIONI è il racconto sulla vita e le opere dell’artista futurista attraverso interviste esclusive ai massimi esperti, ai collezionisti e ai direttori dei più importanti musei che custodiscono i capolavori di Boccioni. Il documentario è corredato da una varietà di documenti, filmati e materiali d’epoca originali. Tra gli intervistati James M. Bradburne, direttore della Pinacoteca di Brera, Karole P.B. Vail, direttore della Collezione Peggy Guggenheim di venezia, Danka Giacon, curatrice del Museo del Novecento di Milano. Gli storici dell’arte prof.ssa Ester Coen e Niccolò D’Agati, lo storico Giordano Bruno Guerri, presidente Il Vittoriale degli Italiani, il biografo Gino Agnese e la scrittrice Marella Caracciolo Chia, autrice del libro Una parentesi luminosa dedicato alla storia d’amore tra Umberto Boccioni e la principessa Vittoria Colonna. Si segnalano inoltre i contributi speciali di Floriane D’Auberville, pronipote del gallerista francese Joss Bernheim-Jeune, Romana Severini, figlia dell’artista Gino Severini grande amico sin dalla gioventù di Umberto Boccioni, e Giacomo Rossi, erede di Gianni Mattioli che ha prestato la sua importante collezione di arte futurista al Museo del 900 di Milano dove a breve sarà presentato al pubblico in un nuovo allestimento. “Il Museo del Novecento di Milano ha una collezione unica al mondo di opere d’arte futuriste dove il ruolo di Boccioni è portante” dichiara il direttore Gianfranco Maraniello “Il nuovo allestimento, arricchito dai capolavori della Collezione Mattioli, tra cui alcune delle opere più significative dell’artista, rende ancora più completa e preziosa la Galleria dedicata al Futurismo”. “Viviamo tutti, come Boccioni, Freud e Einstein - afferma James M. Bradburne, direttore della Pinacoteca di Brera - senza sapere cosa ci riserverà il futuro, così come Einstein nel 1907 non prevedeva il pieno impatto della sua consapevolezza che energia e materia fossero correlate. Tuttavia, il futuro di Einstein, quello di Freud e quello di Boccioni sono stati in gran parte realizzati.” “Peggy Guggenheim ha sempre amato la scultura, basti pensare che la prima mostra che organizza a Palazzo Venier dei Leoni, nel 1949, è proprio dedicata alla scultura contemporanea. Il suo trasferimento in Italia influì senz’altro sul suo interesse nei confronti dell’arte futurista, tanto da portarla ad acquisire nel 1958 Dinamismo di un cavallo in corsa + case, un’opera scultorea unica nel suo genere, realizzata da Boccioni nel 1915”, afferma Karole P. B. Vail, direttrice della Collezione Peggy Guggenheim, a Venezia. TITOLO: FORMIDABILE BOCCIONI DURATA: 54’ FORMATO: FULL HD ANNO: © 2022 ARTE.it Originals in collaborazione con ITsART e Rai Cultura Un film di Eleonora ZAMPARUTTI & Piero MUSCARÀ Regia: Franco RADO ITsART Promossa dal Ministero della Cultura, ITsART nasce per supportare la diffusione e la valorizzazione del patrimonio artistico e culturale italiano nel mondo ed è la prima piattaforma a offrire un servizio streaming di questo genere a livello internazionale. Disponibile in Italia, nel Regno Unito e in tutti i paesi dell’Unione Europea, propone un vasto catalogo di contenuti e un approccio nuovo e originale all’offerta culturale. I contenuti sono fruibili tramite Smart TV, PC, MAC, Smartphone e Tablet. È possibile scaricare l’applicazione ITsART dagli Store ufficiali di Android, iOS, Android TV, Google TV, oppure dagli Store delle principali marche delle Smart TV (visualizza i dettagli sulla compatibilità dei dispositivi nelle FAQ visitando la sezione “Assistenza” del nostro sito web). 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L’arte è inganno. A Padova una mostra sul rapporto tra colore, movimento e percezione nell’arte

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“Si può dire che l’arte inganna. Da sempre l’arte ha sfruttato l’illusione e le competenze su come influenzare, indirizzare e ingannare l’occhio. Solo disegnando un punto sullo sfondo, si crea un doppio piano che nella realtà non c’è” afferma Guido Bartorelli, professore di Storia dell’arte contemporanea presso l’Università di Padova e co-curatore della mostra “L’occhio in gioco” allestita presso il Palazzo del Monte di Pietà di Padova fino al 26 febbraio 2023.  L’esposizione riprende nel titolo la famosa mostra The Responsive Eye presentata al MoMA di New York nel 1965, dedicata alle tendenze astratte dell’arte ottica e percettiva allora in voga (di quell’evento ne dà testimonianza un filmato breve, originale girato da un giovane Brian De Palma e disponibile su YouTube), e la declina in una chiave nuova, inedita.  Due sono i binari sui quali viaggia “L’occhio in gioco". Uno a taglio storico, affidato a Luca Massimo Barbero, è dedicato alle ricerche artistiche che si sono concentrate sul colore, l’ottica, il movimento, la percezione articolandosi dal XIII al XX secolo. Un percorso che abbraccia lavori che vanno da astrolabi rinascimentali fino alla contemporaneità di un Anish Kapoor. L’altro percorso - a cura dai docenti di psicologia Giovanni Galfano, Andrea Bobbio e Massimo Grassi dell’Università di Padova insieme a Guido Bartorelli -, dischiude un magico mondo a cavallo tra arte e scienza che indaga sulle sperimentazioni condotte all’inizio degli anni Sessanta dagli artisti del Gruppo N in collaborazione con gli studiosi di psicologia della percezione di Padova.Molla scatenante di questa grande mostra da non perdere è l’anniversario degli 800 anni dell’ateneo di Padova di cui fa parte la scuola di psicologia fondata nel 1919. Per l’occasione i professori di psicologia hanno aperto un dialogo con i colleghi di storia dell’arte per indagare come nella città veneta, a partire dalla fine degli anni Cinquanta, si siano affacciati artisti che hanno messo al centro della loro ricerca il processo del vedere in sé. In quell’epoca sono stati realizzati lavori d’arte che avevano come obiettivo quello di indagare e di penetrare l’atto del vedere, come atto problematico in sé. Un obiettivo che coincideva con le ricerche portate avanti dagli psicologi dell’Ateneo patavino.Gli anni Sessanta a Padova sono stati un periodo molto fecondo per l’arte e la ricerca scientifica… “Il Gruppo N si forma nel 1960 e ha una vita abbastanza breve fino al 1964. L’interesse percettivo dal quale muovevano gli artisti arrivava dalla tradizione interna all’arte internazionale. Tra i loro punti di riferimento c’era il Bauhaus che nell’ultima parte della sua storia era insediato a Berlino dove c’era una scuola da dove si diffondeva la teoria della Gestalt, ossia della psicologia della percezione. Padova, come Berlino, come Graz è stata uno dei grandi centri di diffusione di queste teorie. Ebbene i padovani, molto giovani (erano poco più che ventenni), partono all’inizio a interessarsi al vedere in sé. Poi nel ’62 si rendono conto che a Padova si stanno studiando proprio quei temi con un’autorevolezza internazionale riconosciuta. Gli artisti padovani frequentano i laboratori di psicologia e gli psicologi iniziano a frequentare le mostre organizzate negli atelier del Gruppo N. E da lì imparano l’uno dall’altro, si assiste ad uno scambio interessantissimo. Gli artisti diventano più consapevoli di quello che fanno, affinano a un grado di grande complessità i loro mezzi nell’ottenere le illusioni ottiche o effetti di figure. Gli psicologi trovano nel lavoro degli artisti nuovi campi di ricerca. Un caso emblematico è quello dell’effetto “moiré”: termine francese che indica un effetto ottico che si verifica in natura quando abbiamo due strutture simili che si sovrappongono su piani diversi. Si creano degli strani giochi di ombre e ricorrenze di figure che in realtà non ci sono, ma sono l’effetto del fatto che il nostro occhio non riesce a mettere a fuoco istintivamente l’uno e l’altro piano. Questo è un effetto che gli artisti del Gruppo N sfruttano molto. Dopodiché gli stessi psicologi si rendono conto che è un effetto che vale la pena di essere studiato.”  Disco base per zootropio, Wheel of life, edito da H.G. Clarke & Co., Londra 1870 Torino, Museo Nazionale del Cinema © Museo Nazionale del Cinema, Torino | Foto: © Giorgio Tovo Quali sono gli effetti osservati dagli artisti e dagli psicologi della percezione? “La sezione che ha come titolo “Il Gruppo N nella psicologia della percezione” inizia con un’esemplificazione degli studi scientifici che si compivano a Padova in quegli anni. Vittorio Venussi e Cesare Musatti avevano studiato l’effetto della stereocinesi, ossia del fatto che il rilievo, che l’arte in genere rendeva usando le ombre, si può ottenere anche facendo ruotare delle strutture con dei cerchi concentrici disegnati. Detto così sembra difficile da spiegare, ma è un po’ l’effetto che abbiamo quando osserviamo ad esempio una spirale che gira. Quando la vediamo girare, sembra che il centro penetri o venga verso di noi a seconda di come guardiamo. Ed è un effetto di tridimensionalità che si ottiene grazie al movimento: i cerchi sembrano piatti quando vediamo tutto da fermo e iniziano a prendere volume quando si mettono in moto. Questo è un esempio di indagine che si faceva a Padova. Ed è interessante come lo scienziato elabori le sue figurazioni grado per grado anche per sottoporle alle persone su cui verificare l’effetto, mentre l’artista ci dia delle configurazioni estremamente complesse di grande fascino simbolico, analogico. E’ interessante vedere la differenza tra materiali di laboratorio e materiali d’artista.”C’è anche il contributo di un filosofo alla mostra…“La filosofa Elisa Caldarola ha scritto un articolo per il nostro catalogo prendendo di petto il problema. La domanda è: perché percepiamo di ambiti totalmente diversi immagini quasi identiche come le tavole dello scienziato che servono per i suoi esperimenti, e le immagini prodotte dall’artista? In verità si tratta di quadri identici che però hanno due vite differenti. Se posso permettermi di riassumere brutalmente, la differenza è data dallo sguardo di chi osserva. Per cui dallo scienziato ci si attende la soluzione di un qualche problema, sono lavori che si guardano per il loro fattore funzionale verso la formazione di nuove conoscenze. Dall’artista invece non si va per la soluzione finale ma si rimane incantati nel notare l’orchestrazione di forme che hanno finalità in se stesse e non nella soluzione di un problema.”Quale approccio avete avuto nei confronti del visitatore?“E’ stato molto importante essere cordiali verso il visitatore che magari è a digiuno di arte: ci sono dei pannelli esplicativi e un’utile audioguida. E' una mostra che richiede una certa attenzione per registrare le vibrazioni che si creano tra le forme e i colori. Allo stesso tempo è una mostra che accompagna il visitatore attraverso la storia nel definire certe situazioni di origine padovana come Gruppo N di importanza internazionale. E’ una mostra grande, bisognerebbe avere molto tempo. E’ capace di dare molto ai bambini perché c’è un livello di lettura delle opere basata su effetti percettivi divertenti, quasi un gioco. Uno dei primi giorni di apertura della mostra, ho sentito Edoardo Landi, uno dei componenti del Gruppo N (insieme Alberto Biasi, Ennio Chiggio, Toni Costa e Manfredo Massironi), rilasciare un’intervista in cui diceva che i loro maestri, come ad esempio Emilio Vedova, li accusavano di fare dei giochetti. E Landi diceva: “benissimo perché noi vogliamo parlare ai bambini, noi vogliamo mostrare questi lavori sul vedere a chi ha l’occhio innocente e aperto a percepire senza preconcetti”. L’arte è un gioco che sa essere anche molto serio, che sa aprire le conoscenze e portarci a un livello di profondità non scontato.”

Botticelli e il Rinascimento dagli Uffizi agli States

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L’Allegoria della Fertilità di Luca Signorelli ritrova il gruppo marmoreo dei Tre satiri che lottano con un serpente, proveniente dalla raccolta di Lorenzo il Magnifico disperso alla fine del Quattrocento e concesso in prestito da una collezione privata di Chicago. Un disegno di Filippino Lippi ispirato a motivi antichi dialoga con un’urna romana, mentre alcuni pannelli da un forziere nuziale delle Gallerie degli Uffizi, raffiguranti Storie di Ester e Assuero, incontrano un busto di San Giovanni Battista di Benedetto da Rovezzano. Accade al Minneapolis Institute of Art, museo che vanta una delle più importanti raccolte di arte europea oltreoceano, e dove dal 16 ottobre all’8 gennaio la mostra Botticelli and Renaissance Florence: Masterworks from the Uffizi, realizzata dalle Gallerie degli Uffizi in collaborazione con il Minneapolis Institute of Art, a cura di Cecilia Frosinini e Rachel McGarry, esplorerà il rapporto tra Botticelli, l’arte del Rinascimento fiorentino e l’antichità classica.Biagio D'Antonio, Giustizia, Botticelli and Renaissance Florence: Masterworks from the Uffizi | Courtesy Gallerie degli Uffizi I prestiti dagli Uffizi che includono lavori di Botticelli e di artisti suoi contemporanei incontreranno dipinti, sculture, stampe e disegni del museo americano. "Dopo gli anni difficili della pandemia, che hanno visto Minneapolis al centro di una rivolta epocale per la giustizia sociale e dopo le sofferenze causate dal Covid - si legge in una nota - la mostra sul Rinascimento che attribuisce a Firenze nel Quattrocento il ruolo di motore per la cultura mondiale, acquista un significato particolarmente profondo, e suona come un augurio di ripresa, tanto più in America e in questa città". Parte dei proventi della mostra sono stati utilizzati per restaurare le opere d’arte e portare avanti nuove ricerche, condotte nel corso di oltre due anni. Questi risultati sono confluiti in un catalogo ricco di contributi dei maggiori studiosi dell’argomento, italiani e stranieri. Grazie al volume è possibile adesso saperne di più sulle botteghe degli artisti, sul ruolo del teatro e delle feste cittadine nell’iconografia dell’Adorazione dei Magi, sui ritratti, mentre è stata proposta una revisione dell’attività di Botticelli basata su fonti e documenti riconsiderati in una nuova luce.Botticelli and Renaissance Florence: Masterworks from the Uffizi, Torso romano, Allestimento | Courtesy Gallerie degli Uffizi Ma c’è di più. Un importante e discusso ritratto oggi a Minneapolis è stato definitivamente attribuito a Benedetto Ghirlandaio, come anche il ritratto di religioso su embrice degli Uffizi, attribuito al famoso fratello Domenico. “La mostra - commenta il direttore delle Gallerie degli Uffizi, Eike Schmidt - non solo è una rivelazione per il pubblico americano, ma si caratterizza anche per l’altissimo livello scientifico. Grazie ai contributi degli archeologi e degli storici dell’arte coinvolti, nonché dell’Opificio delle Pietre Dure, è stato possibile riconsiderare ogni opera e giungere a nuove identificazioni e attribuzioni su dipinti e sculture anche molto celebri. Forse uno degli accostamenti più emozionanti e rivelatori è quello tra l’Allegoria della Fertilità di Luca Signorelli e il gruppo marmoreo con Tre satiri che lottano con un serpente, proveniente dalla collezione di antichità di Lorenzo il Magnifico, dispersa alla fine del Quattrocento. L’opera, che si trovava nell’Ottocento in una collezione austriaca, ricomparsa sul mercato alcuni anni fa, è stata acquistata da un privato di Chicago. Accanto ad essa, il monocromo di Luca Signorelli assume un nuovo significato e spiega in un colpo d’occhio tutto il complesso argomento della relazione tra Rinascimento e Antichità”.Botticelli and Renaissance Florence: Masterworks from the Uffizi, Tre Satiri Allestimento | Courtesy Gallerie degli Uffizi Leggi anche:• 510 anni fa moriva Botticelli, il pittore che amava gli scherzi e le lettere

Due secoli senza Canova. Tutti gli appuntamenti con il maestro che fermò nel marmo la bellezza

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Alle 7.43 del 13 ottobre 1822, all’età di 65 anni, al massimo della sua fama, Antonio Canova si spegneva a pochi passi da piazza San Marco, ospite nella casa dell’amico Floriano Francesconi - il noto proprietario dello storico Caffè Florian - tra campiello San Gallo e il Bacino Orseolo, circondato da tanti amici veneziani. Si trovava a Venezia di passaggio, dopo essersi recato a seguire i lavori del tempio di Possagno, allora in costruzione, prima di fare ritorno a Roma in grande fretta. E fu una fortuna, perché morire a Venezia significò un sontuosissimo corteo d’acqua e la sepoltura a Possagno dopo un pomposo funerale celebrato il 25 ottobre 1822. La città tutta pianse “il gran Canova” come l'ultimo suo grande artista - la cui arte sublime aveva offerto al mondo immortali icone di bellezza assoluta - il collezionista appassionato che, con argute doti diplomatiche, era riuscito a riportare a casa il bottino d'arte depredato dai napoleonici. E così, a due secoli di distanza, lo scultore che Roberto Longhi considerava “nato morto” è più vivo che mai con la sua materia vibrante. Il giovane proveniente da una famiglia di scalpellini, che conosceva l’inglese e il latino, che fece apprendistato a Venezia per trasferirsi a Roma nel 1779 per stregare oggi con i suoi ideali anche l’universo digital-pop attraverso le rivisitazioni di artisti e fotografi contemporanei, da Luigi Spina ad Aurelio Amendola, non solo vantava come committenti Napoleone, i Papi, gli Asburgo, i Borbone e la nobiltà russa, ma riuscì a riportare in terra eroi e divinità. E lo fece con il metodo dei chiodini fissati al gesso che sembra anticipare la riproducibilità tecnica del moderno design.A distanza di duecento anni da quella morte i musei ricordano il grande genio neoclassico che trasfigurò nel marmo la sua epoca, con alcuni appuntamenti da non perdere. Tempio di Canova, Possagno (Tv)Un francobollo e un concerto per Canova. Le celebrazioni a Possagno Canova non dimenticò mai la sua città natale, Possagno, che ne custodisce l’eredità storica e artistica nel Museo Gypsotheca Antonio Canova e nel Tempio che lo scultore donò alla sua comunità d’origine e dove oggi riposa.Oggi, giovedì 13 ottobre, lo scultore sarà ricordato con una messa al Tempio canoviano, con l’apertura straordinaria del Museo Gypsotheca, con la presentazione del francobollo emesso raffigurante il capolavoro La Pace e della moneta coniata per il bicentenario della sua morte, e con un concerto al tempio canoviano, a ingresso libero. Domenica 16 ottobre alle 12.30 la restituzione della Casa natale di Canova, dopo i lavori di restauro e di riqualificazione, precederà la Lectio Magistralis di Vittorio Sgarbi presso il Tempio canoviano e la proiezione del video Canova, la sua musica e la sua danza, realizzato in collaborazione con Contemplazioni e Luca Giardini. Fino all’8 gennaio la Gypsotheca continua ad accogliere la mostra Canova e il dolore. La stele Mellerio. Ideata da Vittorio Sgarbi e curata da Francesco Leone e Stefano Grandesso, con la direzione artistica di Contemplazioni, la mostra trova il suo apice nella ricomposizione, per la prima volta dal loro smembramento, dei due monumenti Mellerio, voluti dal conte Giacomo Mellerio in memoria dello zio Giovanni Battista e della moglie Elisabetta Castelbarco, dopo aver visitato lo studio romano dell’artista. Il percorso abbraccia anche alcuni disegni di Canova inediti, il taccuino canoviano di Possagno, esposto al pubblico per la prima volta dopo il restauro da parte del Museo Canova, e i disegni di Felice Giani e della sua cerchia, in prestito dal Museo del Prado ed esposti per la prima volta in questa sede. Antonio Canova, Cenotafio della Contessa Elisabetta Mellerio, marmo, Palermo | Foto: © Filippo Guerra / Otium (otium.it)Canova, genio europeo, si svela a Bassano L’uomo Canova, il collezionista, il diplomatico, il “viaggiatore” instancabile che dall’Italia raggiunse le grandi corti d’Europa, è al centro della grande mostra Io, Canova. Genio europeo, pronta ad aprire ai visitatori dal 15 ottobre al 26 febbraio ai Musei civici di Bassano del Grappa. Protagonista di un periodo di grandi stravolgimenti storici e politici, tra guerre e rivoluzioni che cambiarono il volto dell’Europa, il maestro, ribattezzato dai contemporanei “il nuovo Fidia”, regalò al mondo la speranza nel futuro attraverso la creazione di un’arte in perfetto equilibrio tra reale e ideale, avvicinando l’uomo al mito e ispirando azioni e sentimenti di armonia e di pace. Curata da Giuseppe Pavanello e Mario Guderzo con la direzione scientifica di Barbara Guidi, organizzata dai Musei Civici di Bassano del Grappa, la mostra intesse un racconto per immagini che, al ricco patrimonio artistico di Canova presente a Bassano, custode di uno dei fondi più ampi e importanti al mondo per lo studio e la conoscenza del grande scultore, affianca prestiti nazionali e internazionali. Il marmo della Principessa Leopoldina Esterhazy Liechtenstein dialogherà con il grande gesso della Religione dei Musei Vaticani, l’imponente Marte e Venere dalla Gypsotheca di Possagno, realizzato per Giorgio IV d’Inghilterra, con l’Endimione dormiente dall’Accademia di Belle Arti di Ravenna.Antonio Canova, Principessa Leopoldina Esterhazy, 1805-1818, marmo, Esterhazy privatstiftung Schloss Esterhazy Historische Sammlungen Non mancheranno i preziosi dipinti di Tiepolo e Moretto da Brescia appartenuti a Canova, o la Deposizione di Paolo Veronese, e la Fortuna di Guido Reni che lo stesso artista ricondusse in Italia nel 1815 grazie a una coraggiosa missione diplomatica. Al maestro, capace di attirare la benevolenza di tanti potenti, Ercole Consalvi, segretario di Stato dalla Santa Sede, aveva infatti affidato il complesso compito di riportare in Italia le opere trafugate dai francesi in seguito al Trattato di Tolentino del 1797. Impresa che Canova seppe condurre giocando d’astuzia e diplomazia. Così mentre Dominique Vivant Denon, direttore del Louvre dal 1802, difendeva i capolavori con le unghie e con i denti, Canova cercava il sostegno di Hamilton sottosegretario del ministro degli Esteri britannico, di Wellington e del cancelliere austriaco Principe di Metternich. Con l’aiuto di soldati austriaci e prussiani fece incursione al Louvre staccando dai muri e recuperando dalle sale buona parte delle opere reclamate dagli Stati pontifici. Il 25 ottobre 1815 un convoglio di 41 carri trainati da 200 cavalli con 249 opere lasciava Parigi alla volta dell’Italia, accolto dalle popolazioni locali in festa. Ospite d’onore della mostra a Bassano è senza dubbio la Maddalena giacente. Il grande marmo riscoperto solo di recente - dopo quasi due secoli, e mai esposto prima in una mostra - sarà mostrato in tutta la sua struggente bellezza.Antonio Canova, Maddalena giacente, Marmo, 1819-1822, United Kingdom, c/o Francis Outred Ltd Collezione privata Canova a Perugia: un itinerario umbro “Formano catena e collezione”. Con queste parole nel 1810 Antonio Canova cercava di dissuadere Napoleone dal sottrarre altri capolavori all’Italia, sottolineando l’importanza del legame che si stabilisce tra le opere e i loro luoghi di origine. Questo pensiero è il filo conduttore della mostra Al tempo di Canova. Un itinerario umbro, in corso a Perugia, tra il MUSA – Museo dell’Accademia di Belle Arti, e Palazzo Baldeschi al Corso. Questa riflessione intorno ai “Canova umbri”, concepita come un viaggio nel tempo, sfoglia fino al 1° novembre oltre cento opere che raccontano “le arti sorelle” fiorite in un’epoca di grandi sconvolgimenti della storia. Ma che rapporti ebbe Canova con l’Umbria? A San Gemini lo scultore fu proprietario di un palazzo con vasti possedimenti, dove intrecciava importanti relazioni con intellettuali e mecenati, in una comune visione dell’arte come educazione ai più alti valori estetici e civili. Inoltre fu proprio lo scultore a donare un significativo numero di gessi all’Accademia di Belle Arti “Pietro Vannucci” di Perugia, con la quale intrattenne legami molto stretti. Oltre ai gessi perugini, con le iconiche Tre Grazie e il bassorilievo La danza dei figli di Alcinoo, si possono ammirare in mostra le opere lasciate all’Accademia da Giovanni Battista Sartori, fratellastro di Canova, con la monumentale Testa di cavallo. Nata come modello per il monumento equestre a Ferdinando I di Borbone - tra le ultime opere dell’artista - la scultura tesse un inedito confronto con il calco della testa del cavallo del Marco Aurelio, fatto eseguire da Canova proprio in quella occasione. Antonio Canova, La danza dei figli di Alcinoo. Fondazione MUSA - Museo dell'Accademia di Belle Arti "Pietro Vannucci", PerugiaFidia e Canova. Un confronto a Villa Carlotta Considerato dai contemporanei il “novello Fidia”, Canova si confronta con il suo alter ego ateniese in una mostra in corso fino all’11 dicembre a Villa Carlotta, a Tremezzina. Nella scenografica cornice del lago di Como il percorso Canova, novello Fidia, a cura di Gianfranco Adornato, Maria Angela Previtera ed Elena Lissoni, fa dialogare le opere originali di Canova presenti nel museo con repliche di età romana di sculture greche attribuite a Fidia. La bellezza maschile divinizzata è protagonista nella sala dove si confrontano il canone neoclassico del Palamede di Canova e la Testa di Apollo tipo “Kassel” dalla collezione Farnese, che lo scultore ebbe modo di conoscere fin dal suo arrivo a Roma, quando studiò la famosa figura dell’Ercole Farnese. Antonio Canova, la Musa Tersicore, Villa Carlotta. Courtesy Villa CarlottaI prossimi appuntamenti del Museo Correr Dopo la lectio magistralis di Giuseppe Pavanello, il Museo Correr, che conserva opere sublimi come Orfeo ed Euridice, il giovanile Dedalo e Icaro, oltre a un importante nucleo di disegni autografi, celebra Canova con due attesi appuntamenti. Dal 29 ottobre la mostra Canova e Venezia 1822 – 2022. Fotografie di Fabio Zonta sfodera gli scatti del fotografo bassanese che presentano Canova attraverso la lente contemporanea delle sue straordinarie fotografie. Le immagini mostrano le sculture di Canova cogliendone l’essenza e traghettando il suo genio artistico in un contesto contemporaneo attraverso una fotografia che diventa strumento di interpretazione, diventando essa stessa opera d’arte. Al pari della “carne viva” delle sublimi sculture di Canova, la forza del chiaro- scuro sentenzia il potere dell’immagine di Zonta, che sembra rubare la linfa vitale da quella “carne viva”. Sempre dal 29 ottobre al Museo Correr saranno esposte le medaglie canoviane tratte dal medagliere del museo. Leggi anche:• Canova in Umbria: una storia da riscoprire

Rubens e Genova. Sulle tracce di una storia d’amore

132433 Peter Paul Rubens Violante Maria Spinola Serra Buscot Park HD The Faringdon Collection Trust Buscot Park Oxfordshire
Nel 1622 Pieter Paul Rubens dava alle stampe ad Anversa il volume Palazzi di Genova, un’antologia illustrata delle più belle dimore della città nel momento del suo massimo splendore. Negli anni precedenti, l’artista fiammingo aveva visitato più volte la Superba al seguito del duca di Mantova Vincenzo I Gonzaga. Aveva così avuto modo di apprezzare tesori e bellezze di una delle capitali economiche e finanziarie dell’Europa di allora, intrecciando rapporti con influenti personaggi dell’aristocrazia e lasciando in città dipinti memorabili. A 400 anni dall’omaggio di Rubens, Genova contraccambia con una grande mostra a Palazzo Ducale. A cura degli storici dell’arte Anna Orlando e Nils Buttner, fino al 22 gennaio 2023 Rubens e i Palazzi di Genova presenterà al pubblico oltre 100 opere appartenenti a collezioni italiane e internazionali, da scoprire insieme ai capolavori conservati in città in un itinerario diffuso tra chiese, palazzi e musei. “Un evento di respiro davvero internazionale, che ha visto la partecipazione di studiosi, università e istituzioni museali fiamminghe, tedesche e genovesi”, ha spiegato Buttner. Grazie a questo importante lavoro di ricerca preliminare, l’esposizione offre stuzzicanti novità intorno ad alcuni capolavori dell’artista di Anversa, ma soprattutto “punta a emozionare i visitatori restituendo il senso di meraviglia che Rubens provò arrivando a Genova”, racconta Orlando.Palazzo Spinola Doria, dal volume Palazzi di Genova di Pieter Paul Rubens, 1622. Incisione attribuita a Nicolaes Rijckmans sotto la supervisione di Pieter Paul Rubens. Rijksmuseum, Amsterdam“Questa operetta farà fede al mondo della singolar affezion mia”, scriveva il pittore all’inizio di un libro che è una dichiarazione d’amore – e che sarà presto disponibile in una nuova edizione per i tipi Electa. La mostra è dunque un’occasione viaggiare nel mondo di Rubens sulle ali di opere meravigliose, ma anche per guardare Genova attraverso i suoi occhi e rivivere un incontro che ha segnato la storia dell’arte europea. In concomitanza con la mostra, infatti, aprono al pubblico i Palazzi dei Rolli, sontuosi edifici cinquecenteschi che ancora oggi raccontano il secolo d’oro della Superba. Dal 14 al 16 ottobre, in occasione dei Rolli Days, sarà possibile ammirarli in visite condotte da giovani divulgatori, per conoscere da vicino architetture e opere d’arte (compresi alcuni Rubens inamovibili) ed entrare in contatto con la storia di una città che ha in serbo molte sorprese. Sono più di 40 i siti coinvolti nell’iniziativa, tra palazzi, chiese e ville un tempo fuori dalle mura urbane, da scoprire in un grande evento animato da spettacoli e concerti.Rubens a Genova, allestimento a Palazzo Ducale. Foto Francesco Margaroli per Electa La grande mostra a Palazzo DucaleIntrodotta dalle parole di ammirazione che Rubens dedicò all’architettura e alla vita nella Repubblica di Genova, l’esposizione di Palazzo Ducale è un viaggio denso di bellezza e curiosità nell’universo del pittore cinquecentesco. Tra le gemme disseminate lungo il percorso troviamo l’Autoritratto del pittore in prestito dalla Rubenshuis di Anversa e i bozzetti (che sembrano a tutti gli effetti opere finite) per le spettacolari pale della Circoncisione e del Miracolo di Sant’Ignazio, tuttora conservate nella vicina e bellissima Chiesa del Gesù.Pieter Paul Rubens, Circoncisione, 1604. Chiesa del Gesù e dei Santi Ambrogio e Andrea, Genova I Pieter Paul Rubens, Public domain, via Wikimedia CommonsMa la vera star della mostra è un ritratto femminile che ha lasciato in via del tutto eccezionale il Regno Unito. Se fino a poco tempo fa il Ritratto di Dama del Faringdon Collection Trust era un’immagine senza nome, gli studi condotti in occasione dell'esposizione hanno permesso di identificarvi la gentildonna genovese Violante Maria Spinola Serra. Tra le specialità di Rubens, il ritratto di corte è protagonista di un’intera sezione: il confronto con i dipinti dei colleghi autorizza a parlare di un’autentica rivoluzione in nome della fluidità e della naturalezza, un passaggio che avrebbe segnato profondamente il futuro del genere ritrattistico.Un enigma ancora da decifrare aleggia invece attorno alla tela del Cristo risorto che appare alla Madre. Le indagini diagnostiche hanno svelato la presenza di un ulteriore dipinto nascosto sotto la sua superficie, mettendo i restauratori davanti a un dilemma: distruggere il secondo Rubens per portare alla luce il primo? Una soluzione intermedia ha permesso di mostrarne un frammento, aprendo una finestra sul mistero.Rubens a Genova, allestimento a Palazzo Ducale. Foto Francesco Margaroli per Electa  Nell’allestimento la storia dell’arte europea e quella di Genova scorrono parallele alle vicende del protagonista: opere di maestri contemporanei italiani e fiamminghi – da Frans Pourbus a Sofonisba Anguissola, fino a Luca Giordano - delineano l’affresco di un’epoca, mentre l’incontro con committenti prestigiosi come i Pallavicini e i Serra è il punto di partenza per gustosi inside nel passato della Superba e nella vita professionale del pittore. Dai soggetti sacri ai ritratti, dalle nature morte ai dipinti mitologici, ogni quadro regala uno spunto da seguire per toccare con mano la vita di Genova ai tempi di Rubens, quando Sampierdarena era un paradiso di ville e giardini e il vestito di una signora valeva quanto un galeone.Palazzo Nicolosio Lomellino, giardino. Foto L. ZeppaNella Genova di Rubens per i Rolli DaysRubens ha vent’anni quando vede Genova per la prima volta. È un colpo di fulmine. Ad affascinarlo sono la raffinatezza della cultura e dei costumi, la bellezza delle donne, le architetture. I palazzi della Superba gli appaiono eleganti, ma soprattutto moderni e ben organizzati. Ventidue anni dopo raccoglierà piante, prospetti e decorazioni in un volume dedicato ad Anversa, la sua città natale, augurandosi che il modello genovese possa essere di ispirazione per il rinnovamento del porto fiammingo, che con Genova condivide la vocazione al viaggio, ai commerci e alla finanza. Dopo 400 anni gli edifici amati da Rubens sono ancora lì, pronti ad aprire le porte in occasione dei Rolli Days, l’evento che celebra i Palazzi dei Rolli, Patrimonio dell’Umanità Unesco dal 2006. Oggi ospitano residenze, banche, uffici pubblici e privati, ristoranti, musei, declinando al presente gli splendori del secolo d’oro. Molti si trovano sulla monumentale via Garibaldi, costruita nel Cinquecento sulla base dei canoni vitruviani allora in voga: come tante piccole Versailles, gli edifici della cosiddetta “Strada Nuova” esprimono la ricchezza e la cultura delle numerose famiglie che si spartivano il potere nell’antica Repubblica. Durante il prossimo weekend sarà possibile ammirarli insieme a chiese, ville e altri siti storici, con la guida di divulgatori pronti a condividere segreti e curiosità sulle architetture, le opere d’arte e i personaggi che li abitarono.Palazzo Spinola, Foto CA Alessi Ma che cosa sono i Rolli? Il nome fa riferimento ai registri in cui, tra il XVI e il XVII secolo, erano elencati gli edifici destinati all’ospitalità di stranieri facoltosi in visita a Genova. Diversamente da quanto potremmo aspettarci, infatti, i Palazzi dei Rolli non erano semplici residenze, bensì foresterie di lusso divise in categorie come gli attuali alberghi a tre, quattro o cinque stelle. I proprietari – nobili, banchieri e grandi mercanti – sostenevano volentieri le spese necessarie a mantenerli e aggiornarli periodicamente (pena la decadenza nella categoria inferiore), in cambio degli affari derivanti dall’incontro con principi e imprenditori in visita in città. Pare che in tutta Genova i Palazzi dei Rolli fossero più di 160, e questo basta a dare la misura della florida e dinamica economia del secolo d’oro. Entrare oggi in questi edifici è un’esperienza che sollecita la mente e le emozioni: nonostante i cambi di destinazione intercorsi, ogni palazzo è uno scrigno di bellezza, un mondo di storie, suggestioni e memorie da scoprire. Uno dei fili per esplorare l’immenso giacimento dei Rolli è rappresentato naturalmente dal legame con Rubens, ma non è il solo.Pieter Paul Rubens, Giovan Carlo Doria,1606, Olio su tela, 188 x 265 cm Genova, Galleria Nazionale della Liguria a Palazzo Spinola © Su concessione del Ministero della Cultura - Galleria Nazionale della Liguria a Palazzo Spinola I Palazzi dei Rolli: sei gioielli da non perdereA Palazzo Spinola, per esempio, Rubens ha lasciato il celeberrimo Ritratto di Gio Carlo Doria, un dipinto che fece prima scalpore, poi tendenza: per la prima volta, infatti, un uomo d’affari si faceva rappresentare a cavallo, un privilegio fino ad allora riservato ai Reali e ai grandi condottieri. Affreschi di Luca Giordano e una strepitosa quadreria introducono alla preziosa Galleria degli Specchi settecentesca, che in occasione dei Rolli Days sarà illuminata da candele enfatizzando gli effetti ottici escogitati dai progettisti. Al XVIII secolo appartiene anche la cucina con montacarichi e ronfò a carbone, che restituisce un vivido scorcio di vita quotidiana. Percorrendo una caratteristica creuza, invece, si giunge a Villa Pallavicino delle Peschiere, un tempo fuori dal nucleo urbano e oggi sede di una società di assicurazioni. Tobia Pallavicino, monopolista nell’estrazione dell’allume nelle cave papali dopo Agostino Chigi, la volle simile alla Villa Farnesina di Roma. I cicli affrescati del Sole e della Luna seguono il moto reale degli astri come prescritto da Vitruvio, mentre le pareti decorate in trompe-l’oeil danno l’illusione di trovarsi in un giardino rinascimentale. Affacciandoci da una delle logge panoramiche, riviviamo l’emozione di Charles Dickens, che da qui ammirò Genova illuminata dai fuochi d’artificio del Capodanno 1845.Palazzo Tobia Pallavicino, Galleria Dorata Tornando su via Garibaldi, il Palazzo Angelo Giovanni Spinola lascia senza fiato. Se il primo padrone di casa, banchiere dell’imperatore Carlo V, fece le cose in grande, i marchesi Clavarino che lo hanno acquistato di recente ce la mettono tutta per non essere da meno. In sei anni hanno arredato i tre piani dell’edificio con mobili, accessori preziosi e opere d’arte coerenti con la sua storia. Lasciato il gigantesco salone affrescato, una sorpresa attende gli ospiti: un Rubens ritrovato con una strana storia da raccontare. Soggetto del quadro è Giovanna Spinola Pavese, elegantissima sotto un arco fiorito. Fino al 2004 si credeva che il dipinto originale fosse conservato a Bucarest, presso il National Museum of Art of Romania. Poi il colpo di scena. Le vere sembianze di Giovanna sono tramandate in questa tela di collezione privata: l’altra è una gentildonna senza nome che, apprezzato il ritratto, ne ordinò uno identico a eccezione del volto! Per confrontare le due versioni basta visitare la mostra su Rubens a Palazzo Ducale.P. P. Rubens, Giovanna Spinola Pavese, 1604–1605 ca., olio su tela, 247×147 cm. Bucarest © The National Museum of Art of Romania Lavorare ogni giorno tra affreschi e stucchi d’epoca è il vostro sogno? Per i dipendenti della Camera di Commercio di Genova (Palazzo Tobia Pallavicino) e della Banca di Chiavari (Palazzo Pantaleo Spinola Gambaro) è una realtà. Anche questi saranno aperti al pubblico in occasione dei Rolli Days, con la sfarzosa Galleria Dorata di Lorenzo De Ferrari, le illusioni barocche di Domenico Piola e una nutrita quadreria fiamminga che testimonia gli stretti legami tra il Mediterraneo e i porti del Nord.Musei di Strada Nuova - Palazzo Rosso, Sala dell'estate. Foto L. Zeppa L’itinerario dei Rolli si spinge fino al Settecento a Palazzo Rosso, appartenuto ai Brignole Sale e oggi tra le sedi dei Musei di Strada Nuova.  Giunta intatta fino a noi, la collezione di dipinti dei padroni di casa rispecchia il gusto dei collezionisti genovesi tra il XVI e il XVIII secolo e include alcuni monumentali ritratti di Anton Van Dyck, l’allievo favorito di Rubens. Gli affreschi di Gregorio De Ferrari per le Sale della Primavera e dell’Estate, invece, stupiscono con effetti speciali: alzando gli occhi verso i bordi delle volte, si noterà come la pittura sconfini negli stucchi colorati senza soluzione di continuità, dando improvvisamente tridimensionalità alle figure.Appartamento delle Mezzarie, Sala della Grotta I Courtesy Comune di Genova La sorpresa più interessante, tuttavia, è nascosta nel mezzanino, un insolito gioiello che invita a curiosare nella vita privata dell’aristocrazia. Sistemati moglie e figli ai piani nobili, il nobile Anton Giulio II Brignole Sale curò la decorazione del proprio appartamento personale in uno spazio intimo, dai soffitti bassi, disseminato di specchi e porticine orientaleggianti. La sala da pranzo riprende il topos barocco della “grotta” con decori simili a quelli – ormai perduti - del romitorio di Palazzo Colonna a Roma e statue che originariamente funzionavano come fontane. Spettacolare è la camera da letto con l'alcova ornata da uno scenografico drappo di stucco, il soffitto che simula un cielo stellato e il pavimento in parquet originale del Settecento, mentre la piccola sala da bagno invita al relax con affreschi a tema lacustre. Per prenotare le visite dei Rolli Days, consultare l’elenco completo dei luoghi coinvolti e il programma degli eventi collaterali, il sito internet di riferimento è https://www.visitgenoa.it/rollidays-online.Palazzo Nicolosio Lomellino. Foto C. SeverinoLeggi anche:• A Genova riapre Palazzo Rosso, la "casa" di Van Dyck e Guido Reni