Adolfo Wildt. Disegni e sculture
Adolfo Wildt, Mi dolgon fanciullo
Studio Guastalla Arte Moderna e Contemporanea presenta una collezione di opere (circa quaranta disegni tra studi preparatori di monumenti e pergamene con oro e alcune sculture in marmo e bronzo) distillati in lunghi anni di ricerca attraverso le generazioni. Alcuni sono infatti stati ereditati dai bisnonni Belforte di Ettore e Silvia Guastalla, che nel 1922 aprirono a Livorno Bottega d’Arte, una delle prime gallerie italiane, dove esposero ripetutamente opere di Wildt in collettive e in una personale del 1930. A corredo dei disegni rimasti da allora nella collezione di famiglia, Studio Guastalla presenta lettere autografe di Adolfo e del figlio Francesco, che gli faceva da segretario, indirizzate all’epoca a Gino Belforte, concernenti questioni estetiche ed economiche. Molte altre sono state raccolte nel corso degli anni, soprattutto attraverso un contatto diretto con gli eredi di Wildt, ed alcune provengono da privati e gallerie d’arte.
Nonostante la coincidenza dell’inaugurazione di questa mostra, a cento anni dall’apertura di Bottega d’Arte, a celebrare un secolo di presenza della famiglia nel panorama dell’arte italiana, la mostra vuole essere una ricognizione contemporanea e non antiquaria dell’opera di un artista fedele a un ideale di arte come ricerca dell’idea e non del contenuto, della purezza e non della verosimiglianza, dell’astrazione e non del sentimento. Wildt ci parla in modo così urgente, cento anni dopo la realizzazione delle sue opere, perché la sua è un’arte mentale, astratta, e tremendamente tormentata. Mario Sironi, suo coetaneo che nella grande diversità lo amava e lo capiva, scrisse un bellissimo necrologio nel 1931, in occasione della morte dell’artista, su “Il Popolo d’Italia”, in cui colse il senso della sua “frenetica aspirazione
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