Misteri letterari, il caso Dante Arfelli: un “disallineato” del ‘900. Riscoprire i “Superflui”

In alcuni casi la fortuna editoriale, di pubblico e di critica arride a un autore in modo imprevisto. Clamoroso. L’avvenimento, giunge ancora più inatteso se il libro di successo in questione è un’opera prima. Si rimane colpiti dal fatto, come nel caso che proponiamo all’attenzione, quanto l’istante di quel tocco magico, evapori talvolta senza lasciare […] L'articolo Misteri letterari, il caso Dante Arfelli: un “disallineato” del ‘900. Riscoprire i “Superflui” sembra essere il primo su Secolo d'Italia.

In alcuni casi la fortuna editoriale, di pubblico e di critica arride a un autore in modo imprevisto. Clamoroso. L’avvenimento, giunge ancora più inatteso se il libro di successo in questione è un’opera prima. Si rimane colpiti dal fatto, come nel caso che proponiamo all’attenzione, quanto l’istante di quel tocco magico, evapori talvolta senza lasciare tracce. Inspiegabili evanescenze del mondo editoriale. Prismatica Torre di Babele usa e getta, che l’alimenta e la divora allo stesso tempo. Non mi è neanche più chiaro, per quali percorsi di letture Dante Arfelli ha catturato la mia attenzione. Forse per qualche riverbero che mi è giunto tempo fa in occasione della ristampa Mondadori, maturata per rendere omaggio alla ricorrenza dei cento anni dalla data di nascita dell’autore, de “I superflui”. Ricorrenza che ha infranto quel sudario di silenzio nel quale ingiustamente era rimasto confinato lo scrittore.

Dante Arfelli, il successo de “I superflui”

Dante Arfelli nacque nella cittadina romagnola di Bertinoro il 5 marzo 1921. Il titolo citato appartiene all’opera di esordio che tanto successo riscontrò sia tra il pubblico che nella critica. Il libro è del 1949 e risultò primo classificato al Premio Venezia, l’antesignano del Premio Campiello. Proclamazione della vittoria di Arfelli sancita da una Giuria di tutto rispetto che spaziava dalla sensibilità del critico Pancrazi, a quella degli scrittori Giani Stuparich e Aldo Palazzeschi. “Un opera amara, cruda anche disperata, se dal fondo della sua chiusa tristezza non si levasse una trepida luce di umana simpatia”: passaggio indicativo delle motivazioni che la Giuria pose a suggello della scelta che aveva effettuato.

Al vincitore, veniva assegnata la cifra di cinquecentomila lire. Somma, che agli occhi del premiato, di origini umili e contadine, apparve rispetto alle sue disponibilità ordinarie, estremamente cospicua. Basti considerare


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