Chi erano (e come si riconoscevano) i ‘Paninari’

Squinzie che fanno «fondere la cotenna», cose «troppo giuste» o «troppo scarse», piumini Moncler lucidissimi, cinture con fibbione El Charro, zainetti Invicta e totale disinteresse per la politica: storia di una sottocultura irripetibile The post Chi erano (e come si riconoscevano) i ‘Paninari’ first appeared on Rolling Stone Italia.

Dopo anni, lo storico McDonald’s di piazza San Babila chiuderà i battenti: la notizia è stata recepita come una sorta di lutto da una nicchia di persone, cresciute nella Milano degli anni Ottanta e legate indissolubilmente a quel luogo.

Fino a quarant’anni fa, a pochi metri di distanza da quel ristorante – che, ai tempi, non si chiamava Mc Donald’s, ma Burghy – non era raro imbattersi in comitive un po’ eccentriche: parlavano in un modo che, oggi, definiremmo senza troppi giri di parole “cringe”, facendo sfoggio di un dizionario sotterraneo composto da espressioni come “troppo giusto” (o, di contro, “troooopppo scarso”), “madonnare” e “mazzate”. Le ragazze venivano etichettate variamente come “squinzie” o “sfitinzie” (quelle particolarmente avvenenti erano quelle che, citiamo testualmente, facevano “fondere la cotenna”) e avevano tutte, ma proprio tutte, una borsetta Naj–Olear. I ragazzi indossavano piumini Moncler (ma anche cappotti Stone Island), cinture con fibbione El Charro, felpe Best Company, t–shirt Americanino, occhiali Ray–Ban WayFarer, zainetti Invicta, calze Burlington sempre e comunque in bella vista, Timberland da vela (alternate ai classici scarponi o, in alcuni casi, a un


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