La Sapienza, gli “Anni di piombo” cominciarono così. Ma Vauro finge di dimenticarlo – Secolo d’Italia

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Gli ingredienti sono gli stessi: violenza in nome dell’antifascismo, condiscendenza da parte dell’establishment. Ma aveva anche ragione Antonio Gramsci a sostenere che la storia «è una maestra senza scolari». Diversamente gli uomini non ricadrebbero spesso e volentieri negli stessi errori. Prova ne siano gli incidenti di qualche giorno fa alla Sapienza, dove un gruppo di studenti esagitati ha di fatto impedito al giornalista Daniele Capezzone e al neodeputato di FdI Fabio Roscani di potersi liberamente confrontare nell’aula magna dell’università. In compenso, i giovinastri si sono scontrati con la polizia, consentendo alla sinistra ufficiale di rigirare la frittata per trasformare i violenti in vittime e gli azzittiti in invasori.

Il vignettista: «I fascisti non hanno diritto di parola»

Senza contare che nei talk show, seppur con qualche lodevole eccezione, si è fatto a gara su chi apparisse più solidale con gli odiatori rossi, convinti che fosse loro preciso dovere (oltre che diritto) silenziare chi non la pensa diversamente. Tesi avallata dal solito Vauro, per il quale – essendo la Costituzione antifascista – i fascisti non hanno diritto alla parola. Non fa una piega, sebbene resti da capire chi decide chi è il fascista. Vauro? L’ex-sindacalista Cremaschi? O i maneschi studenti della Sapienza? Ci sarebbe da ridere se non fosse che la drammatica stagione degli Anni di piombo è ancora troppo incombente per poterla liquidare come acqua che non macina più. È vero semmai il contrario, come lasciano tristemente presagire i manichini a testa in giù, la ricomparsa della stella a cinque punte e la solita “comprensione” dei salotti radical chic.

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Già, cominciò esattamente così più di mezzo secolo fa. Anche allora – a proposito delle violenze nelle scuole e nelle università denunciate dall’allora prefetto di Milano

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